Folia Canonica 4. (2001)
STUDIES - Raffaele Coppola: Terrirorialita e personalita nel diritto interconfessionale
TERRITORIALITÀ E PERSONALITÀ NEL DIRITTO INTERCONFESSIONALE 65 dare comunicatio in sacris. Percio un cristiano, impedito di accedere alla propria Chiesa, non ha la possibilità di accostarsi ai sacramenti celebrati in un’altra Chiesa, salve le ipotesi della “necessità” più stretta: pericolo di morte o perse- cuzione, carcere. Altri casi ugualmente gravi dovranno essere vagliati dall’Or- dinario del luogo o dalla Conferenza episcopale. Al proposito vengono dati due orientamenti normativi. Il primo riguarda il cristiano non cattolico: stante la necessità, egli deve chiedere i sacramenti ad un sacerdote cattolico, purché manifesti una fede conforme a quella della Chiesa circa questi sacramenti ed inoltre purché sia “ben disposto”. Il secondo riguarda il fedele cattolico: verifícata la necessità, puö chiedere questi sacramenti solo ad un ministro che abbia ricevuto validamente il sacramento dell’ordine. Con- cretamente solo ad un ministro della Chiesa ortodossa. II rigore dei Direttorio si ripete nelle due proibizioni ehe seguono: a) non è possibile accordare ad un cristiano non cattolico 1’ufficio di lettore della Sacra Scrittura o di predicatore durante la celebrazione deU’eucaristia (no. 56), salvi i temperamenti dei Nuovo Direttorio (no. 133); b) non puö essere concesso ad un cristiano membro di una Comunità separata 1’ufficio di padrino nel battesimo e nella confermazione (no. 57). Altrettanto vale per il cattolico. Tuttavia, per ragioni di parentela o di amicizia, è concesso al cattolico e non cattolico di essere testimone accanto al padrino “naturale” nella celebrazione dei battesimo (N.D.E. 98). Notiamo come ambedue i Direttorii, documenti applicativi dei motivi ispi- ratori dei Decreto sull’ecumenismo, a partire dalla comunione differente tra cattolici e ortodossi e cattolici ed evangelici, configurano una diversa prassi “comunicazionale” nei sacramenti, che dipende fondamentalmente dalla quasi piena comunione con le Chiese ortodosse e da una comunione menő piena con le Comunità ecclesiali della Riforma. II) Ricordo ehe il Patriarcato di Mosca, il 16 dicembre 1967, con una dichiarazione ehe suscito scalpore affermé, ampliando il riconoscimento, ehe nel caso in cui i fedeli vecchi ritualisti ed i cattolici si rivolgessero alla Chiesa ortodossa per ricevere i sacramenti, questi non venissero loro negati. Le reazioni da parte ortodossa non si fecero attendere, specialmente dalla Grecia; l’Ordina- rio del Patriarcato di Mosca in Francia, peraltro, si affrettô a precisare modalità e momenti di applicazione dei decreto con un comunicato, in cui si diceva ehe la decisione russa non implicava in nessun modo una intercomunione generale. La sua applicazione concerneva esclusivamente i casi di fedeli cattolici o di “vecchi ritualisti” nell’Unione sovietica, i quali, in conseguenza dell’assenza di Chiese e di sacerdoti della loro confessione, fossero indotti a rivolgersi alia Chiesa ortodossa. III) Il 1 giugno 1972 il Segretariato per 1’unione dei cristiani intervenne con una Istruzione sui casi particolari di ammissione di altri cristiani alia comunione