Folia Canonica 3. (2000)

PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE - Géza Kuminetz: Alcune osservazioni sui titoli di competenza nelle cause di nullita matrimoniale con particolare riferimento ai punti 3-4. del canone 1673

268 GÉZA KUMINETZ pratico, i diversi vizi e le deficienze morali: per il fatto che i cattolici si sono lasciati troppo influenzare dallo spirito di questo mondo. Il principale distruttore dei matrimonio rimane sempre il peccato nelle sue varie forme”8. Il legislatore naturalmente respinse questi tentativi. Anche questo è un motivo di non ammet- tere la dispensa dalle leggi processuali da parte dell’autorità inferiore. L’even- tuale dispensa non favorisée la difesa dei diritti dei fedeli e le esigenze di giustizia. Corne riassume J. Llobell: la mente dei legislatore in questo campo è la seguente: “Proteggere la natura giudiziaria delle dichiarazioni di nullité del matrimonio e i rispettivi cri teri di competenza giudiziaria. Tali titoli sono ritenuti d’importanza fondamentale per il raggiungimento dello scopo di detti processi; vale a dire, al fine di garantire ehe le dichiarazioni sulla validité o sulla nullité del vincolo matrimoniale siano giuste, cioè rispecchino - con i limiti propri della capacité umana per arrivare alla conoscenza della vérité - la reaté dell’esistenza o meno di taie vincolo.”9 Torniamo alla formulazione dei canone 1673. Dopo il Concilio Vaticano II, la legislazione introdusse nuovi titoli di competenza per le cause di nullité matrimoniale. Fra queste norme ce ne furono alcune di carattere particolare ed altre di carattere generale, poichè diverse conferenze episcopali chiesero certe facilitazioni concernenti i titoli di competenza ed entrö in vigore la Causas matrimoniales motu proprio di papa Paolo VI. Állóra erano in vigore questi titoli di competenza: 1. il foro del luogo dove era stato celebrato il matrimonio; 2. il foro dei domicilio o quasi-domicilio della parte convenuta dal codice 1917; 3. il foro dell’attore (in qualche nazione); 4. il foro dei tribunale ehe si riteneva essere “in meliore conditione quam quodlibet aliud ad causam tractandam”; 5. il foro della “commoratio non precaria” della parte convenuta; 6. il foro delle “pleraeque probationes”. Ci fu un’altra modifica: quella della norma di perpetu­atio iurisdictionis ehe ammetteva la possibilité di trasferire la causa, prima della conclusione della causa stessa, ad un altro tribunale “aeque competens, si accedat consensus partium et utriusque Tribunalis”. Ma tale ampliamento e tale flessibilitá e indeterminatezza di criteri circa la competenza dei tribunali prati- camente non poriarono 1’effetto desiderato ma, anzi, in molti ambienti ecclesiali portarono non soltanto una certa mancanza di rispetto verso i fori previsti dalle norme, ma anche il dubbio suif opportunité di utilizzare la via giudiziaria piuttosto ehe quella amministrativa. Dall’introduzione dei nuovi titoli, special- mente del titolo della commoratio non precaria, si aspettavano molto: “Si riteneva allora ehe la silva di fori o di titoli precedentemente vigenti potesse scomparire con il nuovo titolo della commoratio non precaria della parte convenuta, salutato con un ottimismo che poi si e dimostrato eccessivo. Si deve 8 Z. Grocholewski, Questioni attuali concernenti i Tribunali, in Monitor Ecclesiasticus 114(1989) 348. 9 Llobell, Centralizzazione, (nt. 7), 447—448.

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