Tátrai Vilmos szerk.: A Szépművészeti Múzeum közleményei 92-93.(Budapest, 2000)
SOMOS, ÉVA: Il restaura degli affreschi rinascimentali provenienti da Ghedi
custoditi nella collezione di Ugo da Como, a Lonato, raffiguranti i condottieri della famiglia Orsini. 4 Ben sappiamo che dalla meta dell'Ottocento lo stacco degli affreschi eseguito con la tecnica dello strappo era già diventato un fatto di ordinaria amministrazione, infatti, pittori e restauratori ormai possedevano una soddisfacente preparazione tecnica per poter mettere in atto questo procedimento la cui esigenza poteva nascere dalla volontà di salvare i valori artistici, o generate dagli interessi dei collezionisti e dei commercianti di oggetti d'arte antica. Abbiamo poche notizie sulle condizioni in cui si svolse il degrado del palazzo, ma, analizzando le pitture murali, abbiamo potuto constatare che gli affreschi vennero staccati dal muro già in stato precario. Un portale di questo palazzo si è conservato e oggi si trova nel Victoria and Albert Museum di Londra. 5 La decorazione scultorea di tale portale fu nel 1875 considerevolmente completata dallo scultore bresciano Pietro Faitini, su commissione dell'antiquario cremonese Molinari. 6 Anche i due ritratti di condottieri della Pinacoteca Tosio-Martinengo rivelano i segni di restauri ottocenteschi. Probabilmente fu lo stesso Speri che esegui il trasporto su un nuovo sostegno e l'integrazione dei frammenti staccati. 7 Per fortuna gli affreschi del Museo delle Belle Arti non hanno subito simili ritocchi. Probabilmente dopo essere stati staccati dal muro furono arrotolati e messi da parte in attesa di un futuro più glorioso. Nel 1895, Károly Pulszky acquistö questi capolavori daH'antiquario Achille Glisenti. 8 Colui che commissionö a Speri lo stacco degli affreschi del palazzo in rovina per salvarli, risparmiö le spese di un restauro. Dopo che furono staccati nessuno provvide alia loro foderatura e tensionamento su telaio non giunsero al Museo delle Belle Arti. E dovuto a questo caso fortuito che Pulszky riusci ad acquistare per il museo delle opere che in sostanza non erano state assolutamente manomesse. Queste opere quindi sfuggirono ai restauri ottocenteschi, ma proprio per via di questo stato di trascuratezza all'epoca dell'acquisto erano non solo intatti ma anche in un pietoso stato di degrado. 4 Lonato, Fondazione Ugo da Como. Si tratta di tre pitture murali staccatc, di cui due furono riportate su tela; Fuomo d'armi che sta a destra viene identificato con Virginio Orsini (v. Francesco Sansovino, L' História di casa Orsina, Venezia 1565). I singoli affreschi misurano cm 135 x 130 e sono inclusi in un'unica cornice. Gli altri due guerrieri anche nella composizione originaria erano accostati, fra di loro scone il limite di una giornata e lo sfondo è lo stesso. Le dimensioni dell'affresco sono: cm 139 x 225. II modo di dipingere queste pitture murali non è omogeneo, sul quadro che ritrae Virginio Orsini si nota un disegno soggiacente. Ch. L. Joost-Gaugier ha pubblicato una foto dell'archivio della Pinacoteca TosioMartinengo che rappresenta un affresco il cui luogo di reperimento attualmente è sconosciuto. Probabilmente si tratta di un altro pezzo del ciclo: Joost-Gaugier, Ch.L., History of a Visual Theme as Culture and the Experience of an Urban Center: 'Uomini famosi' in Brescia II, Antichità Viva 23 (1984) pp. 5-15. 3 Pope Henessy, J., Catalogue of Italian Sculpture in the Victoria and Albert Museum 2, London 1964, p. 553. 6 Peroni. A., Su alcuni falsi della scultura bresciana del Rinascimento, Arte Lombarda, 10 (1965) p. 111. 7 Le due pitture murali staccate sono state riportate su tela e sono foderate. La superficie dei quadri è coperta di uno strato di colla. Lo strato originario delle pitture è rovinato, nello sfondo di ambedue i quadri troviamo diversi elementi aggiunti più tardi. Anche il ritratto di Nicolö Orsini mostra i segni di vari ritocchi, specialmente attorno agli occhi e le orecchia. 8 Peregriny, J. Az Országos Magyar Szépművészeti Múzeum Állagai [Le collezioni del Museo Nazionale delle Belle ArtiJ 3, Budapest 1914, p. 672.