Török Delma (szerk.): Italia. Episodi mediterranei. Esperienze italiane degli scrittori ungheresi, 1890-1950 (Budapest, 2015)
Interpretazioni - László Csorba: Rapporti italo- ungheresi dalla fine dell’Ottocento alla meta del XX. secolo
A cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inìzio del Novecento oltre ai poeti, ai pittori e agli scienziati erano i preti i visitatori più numerosi di Roma. Il giovane Ottokár Prohászka passò degli anni importanti per la formazione del suo carattere come studente del rinomato Collegium Germanicum et Hungarìcum nel centro di Roma. Vilmos Fraknói, vescovo titolare, canonico di Nagyvárad e abate della Sacra Mano Destra del primo re ungherese Santo Stefano, coi suoi introiti fece costruire ville lungo il Tevere proprio per ospitare la scienza, le arti e la formazione in un ambito ungherese nella città eterna. Nonostante i 150 anni del dominio turco avessero distrutto in Ungheria i monumenti del Medioevo, alcuni riflessi dell’antico splendore si riflettevano ancora tra i documenti conservati dai musei dei paesi occidentali più fortunati dell’Ungheria, i più importanti dei quali si trovano negli archivi segreti del Vaticano. Fraknói progettò le attività delle proprie fondazioni romane tenendo conto di questi ricordi. Alla fine dell’Ottocento la città di Roma ordinò la lottizzazione degli enormi giardini di Villa Patrizi lungo la Via Nomentana. Era lì che nel 1892 egli acquistò uno di questi lotti all’angolo dei cantieri del Policlinico. Alla riunione della Società Storica tenuta il 19 febbraio 1892 il Segretario paragonò il vescovo Fraknói a predecessori come i due conti Széchenyi: “Ormai anche noi abbiamo la nostra 'Ecole de Rome'. E stato fondato a Roma un'istituto ungherese per la storia e per l’arte. E la terza grande opera dopo l’Accademia e il Museo e avrà enormi effetti benefici sullo sviluppo della nostra storiografìa, dei quali potremo rallegrarci ben presto.” Nei due anni successivi fu costruita la villa, che doveva ricevere i primi ospiti nell'autunno del 1894. I borsisti però furono contagiati dalla “febbre romana”, ovvero dalla malaria, quindi l’ordinaria ricezione dei ricercatori inziò solo nell'autunno del 1895. Ma il fondatore non dormì sugli allori, proseguì per la sua strada, facendo costruire fra il 1902 e il 1904 sulla collina sul lotto accanto un’altra villa per gli artisti. Era consapevole del fatto che alla fine solamente lo Stato ungherese sarebbe stato capace di sostenere le fondazioni. Le trattative si prolungarono talmente tanto che la villa degli artisti dovette essere venduta, ma l’Istituto Storico nel 1913 entrò a far parte del bilancio del Ministero dei Culti e dell’Istruzione Pubblica. 79