Magyar László szerk.: Orvostörténeti közlemények 166-169. (Budapest, 1999)

TANULMÁNYOK — ARTICLES - Leoni, Francesco: La medicina monastica ed i suoi aspetti religiosi

anche con i rimedi che le suggerivano la sua perizia nel campo dell'erboristeria e la sua conoscenza del regno animale e minerale, che ben traspare dalla celebre opera da lei scritta sotto il titolo di Physìca. Nonostante ciò, provata personalmente da innumerevoli e dolorose malattie, Ildegarda «munivit se virtute patientiae, et quasi ejus molestiae sermo divinus blandiretur, supplica, inquiens, Ubi grafia mea; nam virtus in infermitate proficiebatur (II Cor. XII)». 24 Volentieri rendeva grazie a Dio nelle infermità, affinché potessero rinnovarsi in lei la passione e la virtù di Cristo e pensava di essere da Lui prediletta per aver meritato di venir provata nella propria carne, pronta però a benedire il Signore per avere poi ricreato il suo corpo »in venis et medullis« con il balsamo della guarigione. L'uomo, infatti sostiene la badessa di Bingen è composto di anima e di corpo, ma mentre quella aspira «ad infinitatem vitam», questo «caducam vitam amplecitur»; perciò Dio «carni illius saepe dolores infligit, quatenus Spiritus sanctus ibi habitare possit», 25 altrimenti, se Egli non costringe con la sofferenza fisica la fragilità della carne, essa facilmente si lascia avvincere dalle seduzioni del peccato. In questo spirito gli ordini riformati, in particolare i Cistercensi, ebbero un atteggiamento più rigido, rispetto all'originario movimento benedettino, nei confronti della malattia fisica, fino a giungere alla severità di Pietro Comestor, per il quale «coloro che si adoperano per la salute del corpo non sono alla scuola del Salvatore, ma a quella di Ippocrate», 26 mentre S. Bernardo esortava i confratelli con accenti accorati a curare soprattutto la salute dell'anima: «Fratelli dilettissimi — scrive in una lettera — adoperatevi dunque per questa salute, questa ricercate avidamente, questa conservate salda.» 27 L'ambivalenza che presenta dunque la malattia e che a volte influenza la valutazione stessa dell'utilità della medicina umana e l'atteggiamento da raccomandare agli infermi, comunque é fatto dell'insopprimibile rapporto gerarchico instaurate tra anima e corpo, tra salus e sanitas, comporta il rischio che la ricerca dell'una comprometta l'altra; l'acquisizione della salvezza spirituale può così a volte passare per la rinuncia alle esigenze del proprio corpo, «non però di quello altrui, giacché dedicarsi a lenire le sofferenze degli altri è — come il sopportare pazientemente le proprie — strumento importante per la salus animae». 2 * Se pertanto il cristiano deve tollerare con pazienza le proprie infermità fisiche ed al limite, in certi casi, non cercare di eliminarle, è però sempre tenuto a fornire tutto il soccorso possibile al prossimo, compreso quello che possono consentirgli le sue conoscenze mediche, sia pure con l'obbligo morale e religioso di ammonire gli ammalati ad essere pazienti e ad offrire le loro pene a Dio in espiazione dei propri peccati e di quelli altrui: «Il reticolato di rapporti che si intrecciano tra Dio, malattia, peccato, destino dell'anima, sorte del corpo si esprime così, oltre che nella fruizione della fragilità fisica per il risanamento dell'anima e nella constatazione della potente bontà di un Dio che colpisce e guarisce con atti gratuiti, miracolosi, anche nell'esercizio effettivo delle pratiche Ibidem, col. 111. Ibidem, col. 113. Cit. in Agrimi, J., Crisciani, C: Malato op. cit., p. 91. Cit. ibidem. Agrimi, J., Crisciani, C: Medicina del corpo e medicina dell'anima. Note sul sapere medico fino all'inizio del secolo, XIII, 1979, p. 19.

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