Hessky Orsolya - Róka Enikő szerk.: Pittori ungheresi in Italia 1800–1900, Aquarelli e disegni dalla raccolta della Galleria Nazionale Ungherese (Galleria Nazionale Ungherese di Budapest 2002/2)
KATALIN SINKÓ Viaggiatori ungheresi in Italia
Ideale del nobile ungherese oratore: Cicerone Il ruolo della cultura retorica latina e neolatina in Ungheria Un'altra fonte dell'interesse verso l'Italia era la grande diffusione della cultura latina in Ungheria. Fino al 1825 nei licei ungheresi si insegnava in latino, i discorsi nel Parlamento si pronunciavano in latino, ed anche le leggi venivano pubblicate in latino. La conoscenza della lingua latina però non significava conoscenza letteraria, ma conoscenza della retorica, utile nella carriera politica e amministrativa - si può dire che l'ideale del nobile ungherese che si occupava di retorica fosse Cicerone. I progetti di modernizzazione dell'istruzione pubblica avevano l'obiettivo di approfondire la tradizionale cultura letteraria latina. A partire dagli ultimi decenni del'700 parallelamente alle riforme tedesche - furono sempre più numerosi quelli che volevano introdurre anche l'insegnamento della lingua e della letteratura greche. In pratica si voleva adattare l'istruzione ungherese agli ideali tedeschi di un liceo da nuovo umanesimo.' 1 ' Arcadia - Pannonia Nella seconda metà del Settecento si rafforzò il culto di Virgilio. Divennero popolari non solo le sue opere, ma anche le poesie idilliache tedesche e italiane nate sotto la loro influenza. Nel Collegio di Debrecen l'illustre poeta Mihály Csokonai Vitéz tradusse dall'italiano, con i suoi amici, le opere di Guarini, Tasso, Metastasio, Ariosto, Gessner e Bùrger. Anche le immagini della vita di campagna ungherese venivano rappresentate da molti sul modello dell'Arcadia di Virgilio. Anzi, Ferenc Kazinczy - da vero poeta identificava la patria ungherese con la stessa Arcadia. Il fatto è alla base della prima polemica letteraria ungherese - il che dimostra la coesistenza di diverse culture nell'Ungheria di quell'epoca. La polemica nacque così: nel 1806 Kazinczy propose di far scrivere sulla tomba del grande poeta ungherese di Debrecen, Mihály Csokonai Vitéz, la traduzione ungherese della frase di Virgilio: "Et in Arcadia ego". I letterati di Debrecen si offesero perché, sulla base delle loro conoscenze enciclopediche, pensavano che l'Arcadia fosse stata una zona di eccellenti pascoli. Dietro la polemica basata su queste inezie filologiche, però, c'era il contrasto tra Debrecen, centro della cultura riformista, il gusto arcaico latineggiante diffuso da quelle parti e la cultura neo-umanistica più moderna di Kazinczy, collegata in diversi punti al risorgimento viennese. Difendendo il proprio punto di vista, Kazinczy disse che, pascoli a parte, l'Arcadia era il posto dove fiorivano i mestieri delle muse. Come scrisse egli stesso, Virgilio chiamava i suoi cantanti "arcadi" (Arcades ambo et cantare pares et responderé parati), e anche le associazioni letterarie italiane dell'epoca presero il nome dall'Arcadia. Kazinczy alludeva, in questo senso, all'Accademia Arcadia di Roma, fondata nel 1689, che in quel periodo aveva diversi membri ungheresi 5 . In una sua lettera del 1791, destinata al principe Alajos Batthyàny-Strattmann, Kazinczy delineò il progetto della fondazione di un'associazione letteraria ungherese Arcadia, il cui statuto sarebbe stato preparato in base all'esempio dell'associazione romana. I progetti di Kazinczy erano il risultato del nuovo interesse verso le antiche tradizioni greche. E il periodo dell'ascesa del culto di Omero. Le idee di Winckelmann