Budapest Régiségei 17. (1956)
TANULMÁNYOK - Voit Pál - Holl Imre: Hunyadi Mátyás budavári majolikagyártó műhelye 73-150
classificate come prodotti di Salisburgo, di Arenstahl, ecc, senza che si tenesse conto del probléma delle radici comuni del rivestimento di smalto stannifero bianco e di altre caratteristiche spiccanti. Tra i pezzi in questione si trovano riproduzioni di data posteriore, imitazioni fabbricate a stampi più rozzi con rivestimento a smalto monocromo. L'ornamento a rilievo di alcuni modelli venne impresso nelle pareti di vasi serbatoi d'acqua o frigoriferi. La stessa letteratura austriaca dimostra la più compléta incertezza riguardo alia provenienza di tali pezzi. Fïnalmente Moltheim li riuni costruendone un'unica stuf a. Tra le figure ornamentali di quest'ultima si trovano quelle di Adamo, di Eva e di alcuni vescovi che sembra derivassero da uno stampo diverso che avrà servito per un'altra stufa, di data précédente e composta di formelle di minori dimensioni. Nelle loro precedenti pubblicazioni il Moltheim e Joseph Folnesics hano cercato di stabilire la data della fabbricazione di alcune delle formelle intorno al 1500, o prima, oppure dopo tale anno. In base ad uno stampo trovato presso un vasaio di Mühlvirtel, che è alquanto simile — benchè non identico — a quelli adoperati per la fabbricazione delle formelle appartenenti a questo gruppo, il Moltheim attribuisce a tutto il gruppo una provenienza dell'Austria Superiore. Tutto preso dal fascino della teória di Hirschvogel, non si rende chiaramente conto del processo di diffusione della tecnica a smalto stannifero e non si avvede delle possibilité che essa offre per constatazioni di carattere cronologico. Considéra Norimberga come punto di partenza, senza tèner conto del fatto che il viaggio di Reinhart in Italia non si realizzerà che nel 1533 e che Hirschvogel svolse una attività di agrimensore in Austria nel 1535. Ne sembra accorgersi del fatto che la stufa di lusso di Hohensalzburg, capolavoro della ceramica gotica, non présenta ancora le tracée dello smalto stannifero, non si puô quindi pensare a Norimberga corne a punto di partenza, ne a Salisburgo corne a stazione intermediaria nella diffusione della tecnica italiana. Il Falke osservô giustamente che la stufa di lusso di Salisburgo è da considerarsi corne l'ultima grande affermazione dell'arte gotica, l'ultima tappa monumentale nella produzione delle stufe a vernice piombifera. Le ramificazioni dell'arte della ceramica a Vienna e nell'Austria Superiore, benchè di origine più antica, appartengono ad uno stile nuovo, più sviluppato, che non puô trovare spiegazione ne nell'evolutezza dell'industria della terracotta a Salisburgo, ne nell'arte ceramica che fioriva negli stati medievali a occidente dell' Austria. Basta invece gettare uno sguardo a queste opère per riconoscere le creazioni dell'artefice della stufa di Buda »dipinta a génère«. I soggetti r appresentati sulla stufa della sacrestia sono, 10* corne quelli di Buda, di carattere profano e se pure vi si riscontrano alcuni argomenti biblici, sono quasi profanizzati dall' artista. San Cristoforo assume le sembianze di un allegro vagabondo,la sua faccia ironica è identica a quella della testa di satiro, ornamento angolare della stufa di Buda. Giosuè e Chaleb che portano un immenso grappolo d'uva hanno le fattezze grossolanamente modellate si da sembrare due vignaiuoli: assômigliano alla figura di Giacomo corne appare nella mattonella di Buda. Le figure di donna invece, che servivano nello Stefansdom come sostegni araldici, sono le gemelle della cornice di Buda, cioè di Esztergom. Il nostro maestro avrà probabilmente varie volte visitato la capitale austriaca. Èda supporre che la stufa della sacrestia del duomo sia stata composta in sua presenza. Ancora durante il regno di Mattia, nel 1486, secondo la testimonianza di un documento, anche nel palazzo del Municipio di Vienna fu installata una stufa a rivestimento policromo. Ulteriori accenni ai rapporti viennesi del maestro della stufa »dipinta a génère« si trovano nel cosiddetto »stallo vecchio« dell'abside dello Stefansdom distrutto nel 1945. La fila inferiore dei sedili era già ornata dallo stemma di Mattia Hunyadi ; tra le varie sculture degli stalli si vedevano due figure, un guerriero ungherese col copricapo caratteristico e un araldo intento a fare un passo che sostenevano lo scudo spaccato — »Geschpalteten Schild (Ungarn)« —. È comunque indubbio, che anche Mattia Corvino abbia avuto qualche rapporto con gli stalli ed è altrettanto probabile che durante le grandiose opère di scultura che vi si svolgevano gli artisti e gli artigiani ungheresi venuti a Vienna abbia no avuto contatti, con la scuola degli scalpellini di Vienna. Ciô si rileva, oltre che dai soggetti comuni degli stalli e delle nostre stufe, anche da varie analogie dello stile scultorio e dall'identica lavorazione delle pieghe fissate in legno o in argilla. Ma l'affinità di stile non è taie da far pensare alla stessa manó d' artista o a derivazioni direttê : si tratta, più che altro, di un'associazione proficua, utile per ambo le parti. Dalle pubblicazioni finora apparse degli studiosi austriaci della ceramica non risulta con evidenza, quali delle cassette da stufa siano attribute alla stufa della Stefanskirche, quali a quella del convento di Waldhausen oppure a quella pretesa di Mühlviertel. Per Molthein una propriété caratteristica di dette stufe consiste appunto nella struttura delle cassette che unisce i tipi di formelle a cavità semicilindriche con quelli dalla superficie piana. In esse infatti sul tergo di ogni formella piana si trova una cavità a forma chiusa semicilindrica, nella quale l'aria calda pénétra attraverso una stretta apertúra interna. Secondo VA. una tecnica simile non si osserva in nessuna altra stufa 147