Budapest Régiségei 17. (1956)

TANULMÁNYOK - Voit Pál - Holl Imre: Hunyadi Mátyás budavári majolikagyártó műhelye 73-150

riuscito ad eliminare i dannosi effetti tecnici di tale sostanza, sfruttandone invece le qualità artistiche. La nostra officina produce di nuovo merce inappuntabile : i vasai ungheresi si sono impossessati del segreto degli italiani per adoperarlo a scopi nuovi. Offrono al loro sovrano prodotti mai prima eseguiti al mondo. I frammenti rinvenuti dopo la disastrosa rovina di questo capolavoro dell'arte unghe­rese iflettono nei temi degli ornati il carattere edonistico della cultura che fioriva alia corte. Oggi non saremmo più in grado di scoprire un eventuale rapporto tematico tra la figura femmi­nile della coppia danzante, i selvaggi, il violinista, il cavalière in corazza e il vecchio dai movi­menti lascivi. Gli indigeni selvaggi e mitici di continenti ignoti non impressionano più nes­suno, ne i temi religiosi sono adoperati per esprimere una fede che nessuno più possiede. Gli argomenti rappresentati non furono scelti dagli umanisti di Buda ma dal figurista stesso, dotato di cultura médiévale. L'elemento nuovo che egli ha portato nella sua opera di scultore è l'espressione individuale e moderna. Egli si trova al confine di due epoche : non è piu gotico e non è ancora rinascimentale, come pure non è ne tedesco ne italiano. La sua abilità di figurista e le sue qualità artistiche trovano la più compléta espressione in una testa di uomo — monumentale come ceramica — che doveva ornare uno degli angoli della stufa. Potrebbe essere Beizebu che sputa acqua, motivo fréquente dei duomi medievali, o il dio Pan dal sogghigno ironico, ossia un corti­giano ungherese con una maschera oarneva­lesca di Modena, o forse l'artista stesso. La stufa aveva per sostegni dei leoni coricati, rivestiti di vernice piombifera gialla. La verni ce, d'un giallo dorato, è di uno splendore che emula quello délie piètre preziose. II maestro adoperô lo stesso colore per rivestire la cornice delle formelle. La materia delle cassette della stufa è la caratteristica argilla cotta di color rosso, sempre in uso a Buda ; sullo strato fondamen­tale di argilla rossa venne poi spalmata Fargilla giallastra più molle e malleabile. L'artista non adoperô stampi, formô ogni mattonella con le proprie mani. L'impronta delle sue dita si è conservata qua e là sul rovescio delle matto­nelle. Nel materiale degli scavi del palazzo di Esztergom furono rinvenuti i frammenti di un doppione della stufa »dipinta a génère«. Anche questa seconda stufa era sostenuta da leoni ; tra le formelle si è potuto ricostruire il busto di un re biblico, la figura di un buffone e l'orna­mento a trapuntati della cornice sulla quale si allineano busti di donne con diademi in testa. Una simile testa di donna graziosa è stata scoperta anche nel materiale di Buda. Detta stufa sarà pervenuta a Esztergom o corne regalo di Mattia, oppure sarà stata installata nel »palazzo delle Sibille«, dimora vedovile di Bea­trice per quasi dieci anni dopo che la regina, morto il re nel 1490, si era trasferita dal nipote Ippolito d'Esté arcivescovo-primate. Nel 1485 Mattia Corvino fece il suo ingresso a Vienna. Secondo il Bonfini, egli vi avrebbe fatto erigere palazzi sontuosi, fontane, giardini pensili e altre costruzioni artistiche. Le opère d'arte viennesi dovute a Mattia o si distrussero senza tracée oppure sono rimaste ancora ignote fino ad oggi. Johann Matthias Testarello del­la Massa, il primo storiografo della Stefans ­kirche di Vienna notô nel sec. XVII. che le navate laterali e la copertura della cattedrale sono dovute a Federico III, e, rispettivamente, a Mattia Corvino. Hans Tietze, il monografo moderno della stessa Cattedrale e vari altri stu­diosi austriaci contemporanei si sono sforzati a dimostrare che il Testarello e la storiografia più antica erano in errore per quanto riguar­dava la costruzione delle navate laterali. Secondo lui a Mattia Corvino è dovuta solo la copertura del duomo, rivestita di un carat­teristico smalto policromo. Secondo la testi­monianza di riproduzioni contemporanee, il tetto caratteristico, formato di tegoli rosso­brunastri, verdi, bianchi e azzurri, era già terminato nel 1490. Taie ipotesi, benchè di­sputasse a Mattia il merito della realizzazione di una fase della costruzione, nello stesso tempo quasi ci fornisce^na verga magica che permette di continuare in terra straniera, la ricerca dei prodotti della fabbrica di maiolica installata nell'antico palazzo di Buda. Le tegole poli­crome della cattedrale di Vienna non potevano essere rivestite che di smalto stannifero. In quell'epoca perô — a nord delle Alpi — simili prodotti non venivano fabbricati che a Buda. La nostra officina aveva già fornito simili pezzi aile costruzioni dei castelli di Buda, di Vise­grád, di Esztergom e di Diósgyőr. Le tegole policrome saranno state trasportate a Vienna sul Danubio e i vasai deU'officina di Buda avranno probabilmente colto quest'occasione per recarsi alla capitale austriaca. Abbiamo buoni ragione di credere che per un tempo anche il maestro della stufa »dipinta a génère« si trattennese a Vienna. Un illustre studioso della ceramica austria­ca, Alfred Walcher von Molthein osserva che nel 1865 un ebanista Viennese aveva messo in vendita cassette di stufa a figure, ornamentali rivestite di una stupenda smaltatura mista. Le formelle provenivano dalla stufa disfatta della sacrestia dello Stefánsdom di Vienna. Alcune ne furono acquistate dalla collezione Lanna di Praga, altre dalla collezione Figdor di Vienna, altre ancora dal Museo delle Arti Applicate di Vienna, alcune infine da Walcher von Mol­thein stesso.Piùtardi siscoprirono altre formelle di tipo simile in varie parti dell'Austria, prima di tutto a Mühlviertel, vallata che congiunge Vienna con la Moravia. Tali formelle vennero 146

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