Mitteilungen des Österreichischen Staatsarchivs 31. (1978) - Festschrift für Richard Blaas

Francesca MORANDINI: Vienna alia metä del secolo XVTH nella descrizione del manoscritto 684 dell’Archivio di Stato di Firenze

Vienna alia metä del secolo XVIII 125 vano tenuti all’aperto) essi si recano „al giardino del conte Ferdinand d’Har- rach11), poi a quello della contessa d’Altan [Anna Maria, nata Pignatelli], dama che in etä molto avanzata, mostrava ancora moltissimo spirito. Quivi“ — continua il racconto - ,,si trovö il signor abate Metastasio, stato sempre da lei distintamente favorito.“ Il 23 giugno assistono alia messa nella cattedrale dedicata a Santo Stefano „chiesa“ che descrivono „grande e di struttura gotica, malissimo custodita (cioé conservata) il cui campanile é stimato per la sua altezza“. II pomeriggio in abiti di gala12) si recano al primo ricevimento a corte; vanno a Schönbrunn che viene descritto come: „luogo tre miglia distante da Vienna. La strada é pianissima e ha da una parte e dall’altra i fanali per illuminarla in tempo di nőtte. La situazione dove é collocato il palazzo imperiale é al quanto bassa; vi é accanto un torrente ehe nel tempo delle piog- gie porta le aeque fino alie muraglie; v’é a quest’effetto un lungo ponte di legno, il quale si estende fino al gran cortile. L’architettura del palazzo é piü bizzarra che bel­la, essendo stata eseguita in diverse volte e da persone di poca intelligenza. Dopo la morte di Carlo VI abbandono la regina la Favorita e, come provvisionalmente, venne a stare in questo luogo ehe non era ehe un piccolo casino fatto fabbricare dall’impera- tore Giuseppe per rendevous di caccia. A poco a poco ci si é affezionata; ha fatto ac­crescere l’abitazione per i comodi della corte e quantunque per l’umiditä, l’aria non sia giudicata troppo buona, nientedimeno vi passa una buona parte dell’anno. Vi sono an- nessi dei giardini, i quali per altro, alia riserva di lunghi viali, non hanno nessun or­namento de di statue, né di fontane. Cola giunti, s’entrö nel grande appartamento dove era giä radunata molta nobiltä. Si trovö il Nunzio, il quale avrebbe desiderato che il signor Don Bartolommeo e il signor Don Lorenzo avessero particolare udienza dell’imperatore e dell’imperatrice13) per non ratore come Granduca di Toscana dice che esso é composto di un presidente che é il barone Pfütschner privo di qualsiasi influenza; vi sono poi tre consiglieri che sono il barone Toussaint, mons. Molitoris, il cav. Alberti. Il primo, lorenese, „di ignobile na- scita, é molto portato agli affari economici, ma non a quelli di stato, essendo superfi­ciale e amico delle novitä; é perö il favorito dell’imperatore. Monsignor Molitoris é vestfalo, di nascita civile e fu segretario dei ministro lorenese alia Pace di Cambrai; é uomo di grandissima cognizione negli affari del mondo . . . ma é pochissimo conside­rato dall’imperatore.“ Del cavalier Alberti, il terzo componente del Consiglio, si dice che é molto ambizioso, ma in sostanza una nullitä. n) Lorenzo Corsini nella solita relazione definisce il conte Ferdinand d’Harrach „molto stimato per la sua aggiustatezza e molto incline agli italiani . . Perö piü sotto quando paria di lui come presidente del Consiglio di Guerra, aggiunge che „v’é molto disordine in questo dicastero .. 12) Torna qui a proposito ricordare che nelle loro lettere da Vienna ambedue i Cor­sini parlano spesso del „gran lusso che vi é nel vestire“ e chiedono denari a questo fine perché „é necessario . . . far figura agli occhi materiali di questi tedeschi“ (lettera di Bartolommeo del 23 agosto); inoltre essendo stato notato che essi non hanno „né croci, né anelli al dito“ (lettera di Bartolommeo del 17 agosto) dicono alia famiglia che, an­dre a parere del Pecci é necessario che vengano loro mandate alcune di queste gioie: altrimenti verranno a perdere „quel poco di merito ehe si sono fatti. Infatti questo paese é una scatola e vi si rigirano sempre davanti le medesime persone stanteché la nobiltä di primo rángó é poca e questo fa si ehe hanno tutto il campo di osservarvi minutamente, come fanno“. 13) Il giudizio dato sull’imperatore Francesco Stefano da Lorenzo Corsini nella sua relazione, non é poi di grande stima: lo definisce „framassone, perö religioso“ e dice

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