Prokopp Mária: Un nuovo crocifisso dipinto del trecento nel Museo Cristiano di Esztergom (1974)
UN NUOVO CROSIFISSO DI ESZTERGOM 169 riamente sull’altare della Cappella dei Nove nel Palazzo Pubblico di Siena, e fu pagata nel 1321 20 fiorini d’oro dal consiglio senese a Simone Martini e scolari.17 Nel crocifisso di Simone Martini l’ornato attorno al corpo consiste in una catena verticale di croci a bracci uguali formate da archi semicircolari. I bracci delle crocette dipinte su sfondo oro sono di color cinabro, mentre i centri sono di tinta verde. Osserviamo infine la tavoletta del crocifisso di Esztergom. Nel breve resoconto sul restauro abbiamo ricordato che le due righe dell’iscrizione originale, dalle slanciate maiuscole gotiche, (figg. 10 11) erano coperte dalla sigla IN RI dipinta su uno spesso strato di gesso. Rimosso questo strato del vecchio fondo terra di Siena e dei caratteri in argento non si scorgono che macchie e frammenti. Il testo dell’ischrizione di Esztergom segue la descrizione di S. Giovanni Evangelista: «Jesus nasarenus rex Judeorum» (Giov. 19, 19— 21). Ma le iscrizioni delle croci dipinte italiane sono tutt’altro che uniformi in quanto seguono le varianti bibliche. S. Mattéi ad esempio tralascia l’attributo nazzareno: «Hic est Jesus rex Judeorum» (Matteo 27, 37), mentre S. Marco e S. Luca omettono perfino il nome di Gesù: «Hic est rex Judeorum» (Marco 15, 26— Luca 23, 38). A volte, come nel crocifisso giottesco di S. Maria Novella a Firenze, figura una scritta trilingue — ebraica, greca e latina - secondo quanto riferito dagli evangelisti S. Luca e S. Giovanni. Le scritte delle croci dipinte presentano molte varianti anche nella forma, secondo l’abbreviazione e la collocazione delle parole. La variante più frequente è quella che si legge anche a Esztergom, ma il nome di Gesù viene generalmente abbreviato in IHS. È tale che appare nelle croci duecentesche di Lucca e di Pisa, e anche in numerosi esempi trecenteschi (Firenze, S. Felice, S. Marco, ecc.), nel crocifisso di Cimabue in S. Croce a Firenze invece, quindi nelle composizioni di Giotto a Padova e a Rimini la parole «Gesù» compare intera, analogamente all’esemplare di Esztergom. Le parole «nasarenus» e «Judeorum» si ritrovano nella forma integrale sulle tavolette delle croci ducentesche e a volte anche di quelle trecentesche. Ma l’iscrizione di Esztergom segue fedelmente l’ortografia latina medievale abbreviando le desinenze -us e -orum. Inoltre il disegno magistrale dei caratteri e la loro sicura disposizione indicano un maestro pratico della calligrafia e che oltre alle tavole si occupava anche della pittura di codici, del disegno delle iniziali ed eventualmente anche di epigrafi monumentali. Il colore della tavoletta di Esztergom — al pari della maggioranza dei crocifissi del due e del trecento — è una tinta rosso-brunastra di terra di Siena, su cui le lettere spiccavano argentate, contrariamente alla doratura generalmente in uso. È difficile citare delle analogie all’uso dell’argento caratteristico del cromatismo della croce di Esztergom, dato che l’argento, al pari del caso di Esztergom, è ingenere molto sbiadito o annerito. Nella croce trecentesca della Staatsgalerie di Stoccarda acquistata nel 1963 — che gli studiosi mettono in relazione col maestro del crocifisso della raccolta Corsi di Firenze (1320 cca)18 — sono di color d’argento il fondo del disegno decorativo a rete quadrata e l’aureola. Quivi, essendo l’argento usato in sostituzione del fondo d’oro, abbiamo fondate ragioni di attribuire tale scelta a criteri di economia. A Esztergom invece il motivo del nastro d’argento applicato su un fondo terra di Siena ha la funzione di accrescere l’effetto decorativo e il cromatismo vibrante dell’ornato. Nel cromatismo del crocifisso di Esztergom domina, accanto all’azzurro della croce interna dipinta, il fondo terra di Siena dell’ornato e della tavoletta. Questa calda tinta rosso-bruna è particolarmente diffusa nella pittura toscana del tardo duecento. Ma la particolare armonia cromatica risultante dal cinabro, dal lapislazzuli e dall’az- zurrognolo che si snodano in eleganti volute decorative su quello sfondo, insieme col verde veronese che traspare da sotto la tinta della carnagione richiamano già concretamente la Maestà di Duccio. La vista della croce di Esztergom ci richiama nella mente le vesti cinabro, blu e verde delle figure che si stagliano sullo sfondo terra di Siena proprio delle sale del palazzo di Pilato, e i verdi tremolanti delle forme nervose del corpo ignudo. Dopo le analisi cui abbiamo proceduto, le indagini per identificare il nostro maestro non possono condurci che nell’ambiente del senese Duccio. Dal ricco patrimonio della Pinacoteca di Siena riportiamo, a scopo di documentazione, la croce dipinta datata 1305 (N. 36), opera precoce dell a scuola di Duccio, precedente alla Maestà (fig. 12). Ivi il corpo è appena pendente, le braccia sono disposte in senso quasi orizzontale, per cui l’aureola passa la cornice, — ma l’inclinazione del capo da un lato, il trattamento dei capelli e l’atteggiamento del corpo sono già affini al nostro maestro. Il volto è calmo e si conforma alle tiActa Hist. Art. Hung. Tomus 20, 1974