Századok – 1903

Értekezések - ÓVÁRY LIPÓT: Az 1866-iki hadjárat és a magyar emigráczió 16

24 ÓVÁllY LIPÓT. E jelentések s a titkos hírszerzők hasonló tudósításai még inkább megerősítették Lamarmorát azon elhatározásában, hogy egyáltalában ne számítson Magyarországra, s bár időközben az Ausztria és Poroszország közti antagonisnius mind nagyobb kiélesedése folytán a hangulat Berlinben mind háborúsabbá alakult s Poroszország már szövetségi ajánlatokat tett Itáliá-e come uomini che. senza farsi illusioni, conoscono lo stato pratico delle cose nel loro paese. In Ungheria la nazione è alquanto stanca, e scoraggiata dalle sue tristi condizioni economiche. Non vi è probabilità alcuna di moti insur­rezionali a meno di qualche scossa potente e imprevedibile. II maggior numero crede di trovare le cagioni del poco florido stato in cui si trova in quella lunga precarietà di condizioni politiche in cui visse da tanti anni ; aspira ad uscirne ; non vuole fare il sacrificio dei suoi diritti, ma tende piuttosto ad uscirne colla riconciliazione che colla rivoluzione. Malgrado questo, il paese seguita la Dieta, e il partito Deák, che è il padrone del paese e délia Dieta, non cederà d'un palmo dal suo programma legale e dalle condizioni di accomodamento da esso in ultimo formulate. Gli Ungheresi non accresceranno le loro pretese a cagione delle complicazioni estere dell' Austria, ma rimangono irremovibili su questo campo. Se 1' Austria non cede, le cose rimarranno come ora sono, vale a dire in uno stato di resistenza legale, ma ostinata ed assoluta. Ma, mi si diceva. se l'Imperatore, anche costretto dalle presenti difficoltà, venisse a Pest e accordasse le concessioni domandate, se le accordasse in un modo largo e alquanto spettacoloso, esse sarebbero accolte con entusia­smo e nei primi impeti di questa riconciliazione, gli Ungheresi, col loro carattere, verrebbero a dar prova di generosità. Allora la Dieta voterebbe le reclute domandate, e, mi si aggiungeva, si potrebbe forse anche costi­tuire qualche legione per prendere parte alla guerra contro la Prussia. Le faccio grazia dei lunghi ragionamenti che io feci a quei signori. per mostrare ad essi l'illusione di questa politica. — Ma essi non mi parlarono delle loro particolari disposizioni, ma di quelle che. credevano essere, anche loro malgrado, le disposizioni del paese. — E vero che l'Italia è popolare tra gli Ungheresi, che l'idea di battersi volontariamente contro gli italiani ripugna ad essi, ma mi permetta di toccare un' ipotesi délia quale non conosco la probabilità, e che pure si présenta come pos­sibile alla mente. Se la guerra scoppiasse, se si trattasse di qualche diversione di volontari o di truppe regolari che dovesse toccare ail' Un­gheria, sarebbero necessarie prima delle intelligenze e delle spiegazioni per non esporsi a qualche disinganno, in'intendo sopratutto nel caso delle concessioni fatte dall' Austria. — Gli esuli ungheresi non hanno ora influenza e non sarebbero nemmeno intermediarii opportuni per simili trattative. Il cuore mi batte in presenza dello spettacolo di concordia e di patriottismo che offre 1' Italia, ed applaudo con orgoglio alla condotta del governo. Dio voglia ch'io abbia il destro di non rima­nere inoperoso mentre si decidono forse le sorti délia mia patria. Mi creda, signor Generale, colla più distinta considerazione suo devotissimo E. Visconti Veuosta. (Id. m. 231—233. 1.)

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