Folia Theologica 20. (2009)
Fehér Tivadar: Qohelet 5,17-19
QOHELET 5,17-19 77 Nei versetti 9,1-10 si fa un discorso sulla morte. Non si sa la verità "sull'al di là", solo il fatto della fine, ehe è comune per i tutti: anche per gli stolti, anche per i saggi. Qo non vuole negare la pesante morte, ma nelle righe 9,7-8 porta alla luce quello che ha dato Dio. "Avere la gioia, mangiare, bere..." è approvato da Lui. Chi usa i doni di Dio è già pi- acevole per Lui, fa quello ehe era l'intenzione del Creatore. Non bisogna preoccuparsi a causa della paura della morte, perché si perde la cosa più importante: godere la bontà di Dio, ehe si manifesta nei suoi doni sulla terra. 7) L'ultima frase della gioia in Qo: ^jni-ivu 'B'2 p’tp’i *ma note 11,9a Questa riga antecede l'unità della descrizione della vecchiaia, o la bre- vità della vita: 12,1-7. Qo non vuole diminuire la dura realtà dell'esisten- za umana. Dopo la gioventù viene la vecchiaia e l'inevitabile morte. L'offerta dell'autore di nuovo vuole cambiare la preoccupazione dell'uomo e sollevare i pensieri in un più alto livello. Esprime la sua idea con gli imperativi. Egli Ioda gli anni della giovinezza, perché sono i doni di Dio. Chiama per accogliere la grazia di Lui. Nel versetto 12,1a ammonisce per ricordarsi di colui che ha creato il mondo. Usare i beni terrestri, godere la vita, ricordando Dio, non è altro ehe lodare il Creatore per la sua bontà. La fine tragica è davanti all'uomo, ma è più importante sentire e ac- cettare la benevolenza di Dio, ehe si manifesta nella presenza dei suoi doni, e la possibilità di gioire e usarli. Secondo Whybray Qo si confronta con le sette sfide della vita: 1. con la vanità di tutte fatiche umane. 2. con la sconosciuta sorte umana nel futuro. 3. con la vanità a causa dell'ingiustizia sulla terra. 4. con la vanità della ricchezza. 5. con la cattiveria ehe non è condonata da Dio. 6. con la morte, corne sorte comune anche per gli stolti anche per i saggi. 7. con la brevità della vita umana.70 70 Ibid. 91-92.