Folia Theologica 8. (1997)

István Czakó: Abramo come paradigma del credente nel libro "Timore e tremore" di Soren Kierkegaard

ABRAMO COME PARADIGMA DEL CREDENTE 219 rassegnazione non cerca in nessun modo la sua consolazione nell’oblio; anzi, egli ricorderà tutto — sebbene questo ricordo sia appunto dolore per lui. Il suo amore irrealizzabile per la sua principessa diviene per lui l’espressione di un amore eterno, assume un carattere religioso, trasfigurandosi in un amore per l’essenza eterna. Dal momento del compimento del movimento della rassegnazione infinita, la principessa — nel senso finito — è perduta.94 Il cavalière in fondo è indipendente dalla sua innamorata, rassegnandosi infinitamente è abbastanza a sè stesso, e conserva il suo amore cosî com’era nel primo momento fino in fondo. Egli, nella sua rassegnazione infinita trova la sua pace, riposo e consolazione nel dolore.95 Insomma, la fede viene descritta dall’autore nella sua stretta connessione con la rassegnazione ehe è il movimento dell’infinità dentro dell’etica.96 La rinuncia compiuta nel movimento della rassegnazione impegna tutte le forze dei suo soggetto, che deve rinnegare sè stesso e sacrificarsi al dovere; egli nella sua rinuncia al tutto come finito afférra appunto l’infinito. Il cavalière della rassegnazione infinita per mezzo del suo autorinnegamento conquista la coscienza della propria eternità97 ottenendo con quella la sua pace e consolazione, pur essendo in un’eterogeneità profonda col mondo finito. Egli, come vedremo, essendo sotto quest’aspetto in una totale opposizione con il cavalière della fede, esprime la sua interiorità nell’esteriorità98 — come è richiesto dall’etica. Nella sua situazione compare un carattere interessante, un’inversione: il positivo è riconoscibile dal negativo, perché “il rinunziare al finito è afferrare l’infinito, negare la temporalità è acquistare la propria coscienza eterna, il dolore e l’infelicità per la perdita del finito è il riposo e la pace neü’essere eterno e per essere eterno.”99 94 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 67. 95 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 69. 96 A noi pare ehe il cavalière della rassegnazione infinita del “Timore e tremore” sotto molto aspetti sia assai vicino alla “religiosità A” dell’opera kierkegaardiana posteriore. 97 “Questo movimento io lo faccio da me stesso e ciö ehe ottengo è il mio io nella sua coscienza eterna, nella beata intesa col mio amore per un’essenza eterna”. S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 72. 98 L’atteggiamento del cavalière della rassegnazione “è rivolto alla conquista di una coscienza etema, di un’interiorità non-segreta, ma rapportata: seppure negativamente, al estemo mediante il costante esercizio della rinuncia al mondo finito.” G. MASI, Il significato cristiano dell'amore in Kierkegaard, in Studii Kierkegaardiani 221. 99 V. A. BELLEZZA, Il singolo e la comunità nel pensiero di Kierkegaard, 169.

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