Folia Theologica 8. (1997)

István Czakó: Abramo come paradigma del credente nel libro "Timore e tremore" di Soren Kierkegaard

ABRAMO COME PARADIGMA DEL CREDENTE 217 Kierkegaard. Ci interessiamo, in primo luogo, alla sua fede, come — a noi pare — fa anche Johannes de Silentio, per cui è del tutto chiaro ehe “anche se si fosse in grado di trasferire in forma di concetto tutto il contenuto della fede, non seguirebbe da ciö che si è compresa la fede, ehe si è compreso corne si è giunti a essa o com’essa entri in qualcuno.”80 Quindi la nostra pretesa non verte assolutamente verso una concettualizzazione o definizione della fede, perché, appunto questa è Topposizione totale a tutto quello ehe l’autore dice, ma, piuttosto, cercheremo di seguire — in quanto è possibile sistematicamente — la descrizione81 da lui presentata della fede di Abramo. 1. Il “doppio movimento” compiuto dal credente Quello che certamente sin dal primo momento salta agli occhi del lettore è che la fede in fondo viene descritta da Johannes de Silentio come un “movimento”. Questo concetto sembra aver un ruolo assolutamente non trascurabile nel pensiero kierkegaardiano, e in qualche modo sta a fondamento della critica di Kierkegaard al sistema hegeliano.82 L’eroe della fede, Abramo, “fa due movimenti”83, egli compie un “doppio movimento”84: attua il movimento infinito della rassegnazione rinunciando a Isacco, ma nello stesso momento, in forza dell’assurdo, fa il movimento della fede e riottiene il “figlio della promessa”. L’ “immenso paradosso” di questo movimento contrasta a ogni pretesa di comprensione: qui c’è posto soltanto per l’ammirazione. Nelle seguenti due parti di questo punto sotto la guida di de Silentio, anche noi staremo alle calcagne del padre della fede verso la montagnia di Moria, cercando di descrivere distintamente i movimenti da lui compiuti: prima quello della rassegnazione infinita e poi quello specifico della fede. 80 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 28. 81 “Per parte mia potrei benissimo descrivere i movimenti della fede, ma non sono capace di eseguirli.” S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 59. 82 “Il passaggio dalla possibilità alla realtà è, come Aristotele giustamente insegna, un movimento (Kivr|cnç). Questo non si puô esprimere né comprendere nel linguaggio dell’astrazione, poiché questa precisamente non pub dare al movimento né spazio né tempo, i quali presuppongono il movimento e ne sono insieme i presupposti. C’è qui un arresto, un salto.” S. KIERKEGAARD, Postilla conclusiva non scientifica aile Briciole di ftlosofia, in Opere a cura di C. Fabro 447. 83 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 147. 84 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 152.

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