Folia Theologica et Canonica 10. 32/24 (2021)

Recensions

RECENSIONS 285 pretazioni le seguenti affermazioni die trovano, per l’A., giustificazione nell’­­odiemo cambiamento/mutazione “antropologico-culturale” (pp. 49; 140; 159): “II superamento della visione intellettualistica dell’uomo impone di mettere al centro la coscienza attraverso cui il soggetto diventa consapevole di sé e del suo destino. E questa coscienza non va piii intesa in senso gnoseologico, come processo di conoscenza, ma deve essere colta nel suo profilo pratico, come esperienza ehe attraverso l'appropriazione delle forme concrete della cultura conduce al riconoscimento di sé e del debito che determina la libera donazione di sé. Ritomare alia cosa stessa, nel caso dell’uomo, significa abbandonare l’antropologia delle facoltá, ehe oggettivizza l’uomo, senza rendere ragione della sua complessitá, e partire dalle forme pratiche della vita immediata, rico­­noscendo li il senso, cioé la veritá significante al soggetto, e dunque anche la legge che permette al soggetto di custodire il senso trovato. (...) La letteratura biblica sulla ‘legge nel cuore’ sintetizza il tratto fondamentale della legge per cui essa non esiste al di fuori della coscienza, o comunque prima dello svilup­­parsi della coscienza. Pertanto, una caratterizzazione della legge che la rappre­­senti a livello generale non puö prescindere dalia deserizione fenomenologica della coscienza in accezione antropologica come presenza a sé del soggetto nella drammatica dell’esperienza pratica” (pp. 65-66; 78). Affermazioni ehe dovrebbero essere chiaramente spiegate per non scivolare facilmente in unó storicismo relativista, che in riferimento al diritto divino naturale e al dirit­­to divino positivo, é falso e quindi pericolosamente fuorviante. Si veda, per esempio, quanto l’A. serivé prendendo a giustificazione i cosiddetti privilegi paolino e petrino che, a sommesso avviso di chi serivé, dovrebbe essere mag­­giormente approfondito e chiarito soprattutto per quanto riguardano le appli­­cazioni e traduzioni pratiche che l’A. ipotizza per Ia futura normatíva e per una teória generale della legge (cf pp. 62; 82; 140-142; 145). Anche la tematica dei cosiddetti diritti fondamentali dell'uomo, affrontata nella Prima parte, po­­teva essere meglio sviluppata tenendo presente quanto affrontato successiva­­mente nella Parte seconda riguardo la legge naturale e il suo ripensamento (cf pp. 55-64). Forse un'opportunita mancata di contestare la cultura dominan­te che, attraverso il passaggio dei cambio di terminológia, riesce a ‘convince­re’ riguardo al cambiamento della veritá e della realtá. Di fatto pariare e scri­­vere di diritti fondamentali non é la stessa cosa ehe pariare e scrivere di diritti naturali, anche se ormai la mentalitá odiema induce a pensare che si tratti degli stessi diritti o dello stesso tipo di diritto. Infatti, quando si usa il termine ‘fondamentali’ lo si pone in relazione, consapevolmente o inconsapevolmente, con il momento storico in cui vive la persona e quindi ciö che é fondamentale ora poteva non esserlo nel passato e potrá non esserlo nel futuro. Invece, qua­­do si usa il termine ‘naturali’ si riconosce uno status ehe non puö cambiare, pena il trasformarsi in altro. Ovviamente questa natura, contrariamente a come viene intesa e presentata oggi dai piii non é un qualcosa di meramente statico,

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