Folia Theologica et Canonica 10. 32/24 (2021)

Presentazione del volume

273 PRESENTAZIONE: PÉTER ERDŐ, 1L DIRITTO CANONICO... radici molto antiche - risalenti al III secolo e formalizzate nel Concilio di Cal­­cedonia - e fonda la sua ratio teologica nella celebrazione eucaristica, poiché é il pastore della Chiesa particolare a dirigere l’intera attivitá liturgica e a con­vocare l’assemblea eucaristica. Dato il carattere pubblico dell’azione liturgica, il controllo del vescovo garantisce che in tale luogo si celebri il vero culto della comunitá eristiana, distinguendolo da quello di gruppi eretici. Questo principio venne adottato pure dalle successive leggi imperiali e si attesta pre­sente nelle collezioni canoniche déllé diverse epoche e nel Concilio di Trento. Col tempo, il consenso del vescovo alia costruzione del nuovo edificio di cul­to ha aggiunto il significato di garantire ehe esso corrisponda al vero bene spirituale dei fedeli di quel luogo, considerando anche il diritto déllé chiese parrocchiali vicine giá presenti. L’ultima parte dell’opera é dedicata a questioni di diritto processuale. La prima tocca lo spinoso rapporto tra foro interno foro estemo, argomento in cui Tautore si muove con scaltrezza e disinvoltura. Piú volte egli ribadisce ehe essi costituiscono due ambiti di efficacia della stessa potestá di govemo, per cui «la differenza non é quindi nella natura della potestá che viene esercitata in uno od altro dei due fori, ma unicamente nel modo di esercizio della stessa potestá» (p. 656). La precisazione fuga equivoci ehe talvolta possono sorgere nel relegare il foro interno al mero ambito della coscienza, come se non aves­­se piena attinenza alia potestas iurisdictionis. Gli atti giuridici in foro intemo, invece, sono quelli non posti pubblicamente o per i quali non si disponga di prove conoscibili alia comunitá. Un fatto occulto puo ben costituire la base per un provvedimento amministrativo in foro intemo; pensiamo alia dispensa da un impedimento matrimoniale occulto. Se poi il fatto diventa pubblico, perché emergono le prove della sua esistenza, la dispensa ottenuta in foro intemo puö farsi valere pure in foro estemo. Come precisa opportunamente il cardinale, non sempre il foro intemo concerne fatti del tutto occulti, per i quali non vi sia alcuna prova legale della loro sussistenza. É sufficiente che non siano pubbli­camente conosciuti o facilmente conoscibili; egli porta l’esempio di un delitto punito con censura latae sententiae: la pena in cui il reo é incorso ipso facto potrá anche operare pubblicamente una volta dichiarata. Pur vigendo la pre­­sunzione che quanto manifestato esteriormente corrisponda alia realtá ogget­­tiva, sappiamo che talvolta questi aspetti non coincidono e, soprattutto in am­bito sacramentale, possono esserci conseguenze giuridiche molto rilevanti. Ecco che il foro intemo rappresenta un’essenziale possibilitä per accertare la realtá ontologica, che talvolta puö essere in tensione con quella pubblica, e fame valere gli effetti giuridici. L’autore riconduce acutamente Tesistenza dei due fori ecclesiali di giurisdizione alia natura stessa della Chiesa, che é realtá sacramentale e di grazia ma al tempo stesso comunitá umana e visibile; una «bipolaritá teologicamente necessaria» (p. 677). La distinzione dei due fori, accettata sin dal Concilio di Trento, permette di riavvicinare in forma

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