Folia Theologica et Canonica 10. 32/24 (2021)
Ius canonicum
200 FILIPPO IANNONE, O.CARM. V. Il ministero del parroco: la “cura pastorale” esercitata IN COLLABORAZIONE CON ALTRI PRESBITERI E LAICI IICIC definisce il compito del parroco ricorrendo all’espressione “cura pastorale”30, ehe sostituisce la formula tradizionale cura animarum31. II contenuto della “cura pastorale” é esplicitato facendo nferimento al triplice munus di insegnare, santificare e govemare. A dilferenza di cura animarum, che sottolinea il rapporto verticale e unidirezionale tra il presbitero e i singoli fedeli, il termine “cura pastorale” evidenzia anche la cura della comunione ehe lega i singoli fedeli nella parrocchia e fa di essa una “comunitá fraterna”. Si potrebbe anche osservare ehe non sono solo i singoli fedeli, individualmente presi, ad essere affidati al parroco, ma anche la comunitá come insieme di relazioni. Ciö comporta un profondo cambiamento nel modo di concepire il ruolo del parroco e i suoi compiti, in particolare in ordine ad uno stile di corresponsabilitá all’esterno e all’interno della parrocchia. La collaborazione all’estemo riguarda innanzitutto il rapporto con la diocesi. La specificazione del can. 519 per cui la cura pastorale va esercitata dal parroco “sotto l’autoritá del vescovo diocesano” allude non solo ad un rapporto di dipendenza gerarchica del parroco, ma anche alPinserimento di quesPultimo nel presbiterio: proprio per la sua stessa radice nel sacramento dell’ordine il ministero del parroco é costitutivamente aperto alia relazione con il vescovo e gli altri presbiteri. Il can. 519 menziona, poi, esplicitamente alcune forme di collaborazione per cosi dire “interne” alia parrocchia: do significa che di norma il parroco non esercita da solo la “cura pastorale” ma “con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e Papporto dei fedeli laid”. Il canone non specifica le varie forme di questa collaborazione, ma afferma un principio fondamentale: il par-30 Cfr. cann. 515 §1; 516 §2; 517; 519; 527 §1; 542; 543 §1; 545 §1 e 548 §3. 31 II concetto di “cura pastoralis piena” non si trovava nel CIC/1917 (can. 154), ma é stato introdotto nel CIC/1983 per distinguere certi uffici riservati ai sacerdoti da altri che possono essere esercitati da diaconi, religiosi, o laici (can. 517 §2). Il termine “cura pastoralis” compare nel CIC/1983 ben 27 volte, anche se Tespressione classica di “cura animarum” non é del tutto scomparsa, ma é rimasta ancora died volte. Il codice distingue, poi, tra la “cura pastoralis plena” (can. 150) e la “cura pastoralis partialis” (can. 536). Per 1’esercizio di un ufficio con la pienezza della cura pastorale occorre 1’ordine sacerdotale. Il can. 519 descrive il significato di “cura pastorale” con l’esercizio delle tre funzioni: 1) di govemare; 2) di insegnare; 3) di santificare. La cura pastorale si esprime piú concretamente: 1) nella predicazione, nella catechesi, nell’educazione e nella preparazione ai sacramenti; 2) nella celebrazione dei sacramenti, nella moderazione della preghiera liturgica, nella direzione spirituale; 3) nell’ultima responsabilitá per le questioni amministrative; 4) nei compiti di conciliazione, di animazione e di coordinamento della comunitá parrocchiale e dei vari ministeri in essa. La partecipazione di laici, con funzioni distinte, all’esercizio della cura pastorale non la sminuisce, ma é conseguenza della distinzione tra sacramento dell’iniziazione e sacramento delTordine.