Folia Theologica et Canonica 7. 29/21 (2018)

Ius canonicum

LA PERDITA DELLO STATO CLERICALE SECONDO... 157 4 del I Concilio di Costantinopoli dei 381, ehe dispone ehe il hlosofo Massimo non é mai stato vescovo e per questo tutti i chierici da lui ordinati non sono da considerarsi chierici. A questo punto la terminológia della dichiarazione di in­­validitä e la sanzione latae sententiae risultano ormai assai vicine. 2. La procedúra contro vescovi, presbiteri e diaconi Diverse fonti prevedono vari criteri per la procedura ecclesiale contro vescovi, presbiteri e diaconi. Uno dei punti di vista comuni é la necessitä di proteggere i chierici contro la calunnia. Per questo bisogna esaminare la persona dell'accu­­satore. L’accusatore non puö essere accettato se é eretico, scismatico, scomuni­­cato, condannato per un delitto o accusato in un altro processo58. Tale regola emerge giä nella Didascalia, dove viene prevista anche l’esame della vita dell’accusatore e la sua credibilita59. Anche se il diritto canonico non conosce in quest’epoca l’istituto átWinfamia, dal diritto romano é ben nota la limitazione della capacitä delle persone infami di essere accusatori6". Subito dopo le persecuzioni, il Concilio di Arles precisa che solo quei chieri­ci devono essere deposti, contro i quali ci sono dei documenti scritti ehe pro­­vano ehe sono traditori, mentre la prova testimoniale non é sufficiente61. Il Con­cilio di Nicea ha disposto invece ehe i pagani battezzati dopo una preparazione molto breve e poi assunti subito nel clero, se commettono qualche peccato gra­ve, devono essere esclusi dal clero giä in base alia deposizione di due o tre tes­­timoni62. Le pene canoniche potevano essere inflitte contro un chierico (presbitero o diacono) dal proprio vescovo, ma il chierico deposto poteva appellarsi al met­­ropolita secondo quanto prescritto dal Concilio di Sardica63. Se un vescovo viene condannato dai vescovi della propria provincia, allora non puö appellarsi 58 Cf. per. es. Cons. Const. (381) c. 6; Cone. Carth. (390) c. 6. 59 Didasc. 11,49,1-5. 60 AlTinizio del secolo V, nella Chiesa africana si fecero le prime menzioni sinodali delTinfamia. Con riferimento al diritto romano, il canone 129 dei Concilio di Cartagine, celebrato il 30 mag­­gio 419 considera come infami gli attori di teatro, quelli ehe si occupano di prostituzione, gli eretici e, analogamente, i pagani e gli ebrei. Ma con un rinvio generale tratta cost pure tutti quanti non possono accusare nessuno di delitti pubblici secondo le leggi secolari. Ed. Concilia Africae 231: “129. a. Item placuit ut omnes serui et proprii liberti ad accusationem non admit­tantur, uel omnes quos ad accusanda publica crimina leges publicae non admittunt, b. Omnes etiam infamiae maculis aspersi, idest histriones ac turpitudinibus subiectae personae, haeretici etiam siue pagani seu Iudaei; c. sed tamen omnibus, quibus accusatio denegatur, in causis pro­priis accusandi licentiam non negandam”. 61 Cone. Arelat. (314) c. 13. 62 Cone. Nicaen. (325) c. 2. 65 Cone. Sard. (342-343) c. 14.

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