Folia Theologica et Canonica 6. 28/20 (2017)

IUS CANONICUM - Davide Cito, Interpretazione ed applicazione delle circostanze attenuanti: questioni aperte

INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE CIRCOSTANZE ATTENUANTI... 203 bilità; colposo che non è necessariamente premeditato anche se volontario perché imprudente, e quello premeditato e volontariamente provocato (che nel vecchio Codice era aggravante dell’imputabilità mentre ora è solo circostanza irrilevan­te ex can. 1325). Un’altra circostanza attenuante che mi pare meriti attenzione è quella indica­ta al n. 9°: "ab eo qui sine culpa ignoravit poenam légi vel praecepto adnexam”. La circostanza in questione ricorre qualora un soggetto violi una legge o un precetto ignorando incolpevolmente che alla legge o al precetto fosse annessa una pena; ignorando cioè che si tratti di una legge o di un precetto a carattere penale. Si può dire che l’ignoranza della legge va distinta dalla ignoranza della pena annessa. La prima riguarda la stessa esistenza e portata della norma. La secon­da, invece, si verifica quando un soggetto sa di violare una legge ossia è cos­ciente di avere un comportamento antigiuridico, ma ignora, senza sua colpa, che tale condotta sia penalmente rilevante, cioè sanzionata. Il disposto del can. 1324 § 1. n. 9°, pur riprendendo il can. 2202 § 2 del CIC (1917) che disponeva: “ignorantia solius poenae imputabilitatem delicti non tollit, sed aliquantum minuit”, pare aver ristretto la portata della circostanza in­dicata nel Codice precedente, infatti non si parla dell’ignoranza della "pena” bensì dell'ignoranza del carattere penale della norma (anche se nel vecchio Co­dice l’ignoranza affettata della pena non era mai attenuante). Ne consegue che l’operatività dell’attenuante è applicabile solo a chi ignorasse il carattere penale della norma e non a colui che ignorasse semplicemente il contenuto della pena. Il motivo di questa scelta sembra si possa attribuire alla presunzione che se il reo avesse saputo che la propria condotta antigiuridica fosse anche sanzionata penalmente avrebbe agito diversamente. Va comunque notato che il soggetto che sa di violare la legge è gravemente colpevole anche se non sa dell’esistenza della pena annessa, in quanto l atto de­littuoso è gravemente imputabile ad un soggetto qualora questi abbia agito con la consapevolezza e la volontà di violare la legge, a prescindere dalla conoscen­za del carattere penale della norma violata. Qualche incertezza interpretativa viene offerta anche dal n. 10 che stabilisce l’attenuante “ab eo qui egit sine piena imputabilitate, dummodo haec gravis permanserit”. Se dal punto di vista tecnico si può vedere in questa disposizione una norma di chiusura che indirettamente esclude che l’elenco offerto dal can. 1324 § 1 sia tassativo, rendendo possibile un ampliamento delle circostanze indicate nel § 1, al tempo stesso non pare di facile applicazione soprattutto nel caso di pene latae sententiae anche perché si tratta di un’attenuante ad applicazione obbligatoria e quindi diversa dalla previsione del paragrafo successivo. Infatti il paragrafo successivo, ad ulteriore riprova dell’assoluta benevolenza e comprcnsività del vigente ordinamento penale stabilisce che il giudice può,

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