Folia Theologica et Canonica, Supplementum (2016)

Péter Erdő, La questione della lingua dei fedeli nella costituzione 9 del Concilio Lateranense IV alla luce dei commenti dei canonisti

LA QUESTIONE DELLA LINGUA DEI FEDELI NELLA COSTITUZIONE 19 sule cattolico che corrisponde a quelle nazioni15 come vicario nelle cose appena menzionate che gli obbedisca in tutto e gli sia suddito”16 17. Al termine della Costituzione si prevede la scomunica latae sententiae e, nel caso di contumacia, la deposizione per quelli che - senza la dovuta nomina - entrano nella diocesi altrui e vi esercitano tali funzioni. In questi casi, se neces­sario, si deve richiedere anche l’aiuto del brachium saeculareOltre ai prece­denti storici menzionati, per la comprensione del significato originale di questa disposizione, come pure per la storia della sua influenza, va precisato che, in base alle ricerche di Antonio Garcia y Garcia, “(•••) l’elaborazione delle costi­tuzioni lateranensi non è opera del Concilio come tale, bensì esse sono state redatte prima di quell’assemblea per il pontefice canonista e teologo Innocenzo III”18. Per la Costituzione 9 non si potevano trovare fonti testuali più antiche19.1 gruppi menzionati nel testo si identificavano per la loro lingua, i loro riti ed i loro costumi (mores). I sacerdoti che devono essere incaricati dal vescovo del luogo per questi grappi hanno tre compiti principali: la celebrazione della litur­gia, l’amministrazione dei sacramenti - attività che tiene conto non solo degli aspetti liturgici, ma anche di quelli disciplinari - e l’insegnamento alla gente con le parole e l’esempio. Quest’ultima funzione, cioè l’insegnamento verbale, richiede, ovviamente, in modo speciale la conoscenza della lingua dei fedeli. Il vescovo locale deve inoltre, se lo richiede l’urgente necessità, nominare un vicario cattolico idoneo per la cura del rispettivo gruppo (natio) in questi campi. Questo vicario deve essere un presule (praesul) dipendente dal vescovo della città e non è uguale al vescovo diocesano. Conformemente al canone 8 del Concilio di Nicea si proibisce severamente che la stessa città o diocesi abbia due vescovi. Come ha sottolineato già Carl-Joseph Hefele, sono sbagliate quelle opinioni che cercavano di ridurre la diversità menzionata nella Costitu­zione lateranense alla diversità della lingua defl’omelia, mentre supponevano che tutti dovevano celebrare la liturgia in latino20. Per chiarire ulteriormente il senso della disposizione conciliare giova vedere i titoli che indicavano il contenuto del canone nei diversi manoscritti che rac­coglievano le costituzioni di questo concilio. Le rubriche date a questo canone nei codici sono assai differenti. In alcuni manoscritti mancano completamente. 15 II concetto di natio non è ancora univoco. Alle università esso si stacca non di rado dai criteri linguistici ed etnici. Al Concilio di Costanza (1414-1418) la votazione si organizzava secondo le nationes. Cf. Basdevant-Gaudemet. B., “Église nationale. Histoire d’une expression”, in Basdevant-Gaudemet, B. (ed.), Église et Autoritás. Études d’histoire de droit canonique médiával (Cahiers de ITnstitut d'Anthropologie Juridique 14), Paris 2006. 286-289. 11 Cone. Later. IV, c. 9: García y García, A. (ed.), Costitutiones Concilii quarti Lateranensis una cum Commentariis glossatorum (Monumenta luris Canonici A, 2), Città del Vaticano 1981.57-58. 17 Ibidem, 58. 18 García y García, A. (ed.), Costitutiones Concilii, 6. 19 Cf. Ibidem, 12-15. 20 von Hefele, K.-J. - Leclercq, H., Histoire des Condies, VI/1. 1340.

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