Folia Theologica et Canonica 5. 27/19 (2016)

IUS CANONICUM - Giuliano Brugnotto, La comprensione dell’atto amministrativo e del rescritto alla luce dei carni. 36 e 17 del Codice di diritto canonico - Annotazioni sul rescritto di Papa Francesco del 7 dicembre 2015

196 GIULIANO BRUGNOTTO Se vi sono più significati di una stessa parola nella legge si deve intendere il senso giuridico (non metaforico, letterario, familiare [...]) che non raramente è un senso tecnico. Per l’atto amministrativo si specifica che il significato proprio delle parole non è in contrasto con il linguaggio usato comunemente dal supe­riore che ha emesso l’atto; si segnala che gli autori tendono a far scivolare Pespressione "uso comune” in "uso popolare” - non sembra essere questo il contenuto del canone - sempre gli autori indicano il significato delle parole co­me criterio primario mentre l'uso comune sarebbe secondario25. Non vi è dubbio che l’atto amministrativo, in quanto destinato ad un caso particolare dall’autorità che manifesta il suo volere in modo discrezionale, deb­ba essere compreso. Ma la comprensione avverrà precisamente alla luce del senso delle parole nell’uso comune ad esempio della Curia romana se è questa che ha emesso l’atto; sotto questo profilo è simile alla comprensione che si de­ve fare della legge nel "testo e nel contesto”. Se prendiamo in esame il primo punto del rescritto, leggiamo: «Le leggi di riforma del processo matrimoniale succitate abrogano o derogano ogni legge o norma contraria finora vigente, generale, particolare o speciale, even­tualmente anche approvata in forma specifica (come ad es. il Motu Proprio Qua cura, dato dal mio Antecessore Pio XI in tempi ben diversi dai presenti)».26 Che cosa dicevano i motu proprio sulla riforma del processo per la dichiara­zione della nullità del matrimonio27? Essi nella conclusione affermavano: «Ciò 25 «Il secondo criterio di comprensione è seguire l’uso comune della gente, che è sussidiario, secondarlo, e non può essere contrario al significato giuridico. Per quelli che non sono abituati alle formule curiali o non conoscono il linguaggio dell’ambiente clericale di curia, è necessario adottare parole comprensibili senza snaturare il concetto o il contenuto giuridico. Quest’aggiun­­ga “uso comune del parlare” nel testo è importante perché i destinatari concreti hanno bisogno di un linguaggio più adeguato alla loro capacità. Tuttavia questo non esclude che il primo crite­rio d’intendimento sia il significato proprio delle parole, e questo si deduce dal testo dell’atto ammnistrativo» (García Martín, .I., Le norme generali, 252). «Viene aggiunto invece come criterio interpretativo “l’uso comune del parlare”; con questa espressione ci pare che vada inteso senza dubbio l’uso giuridico, ma anche quello non tecnico. Siamo infatti nel campo amministra­tivo, dove la rigorosa tecnica giuridica non sempre è possibile o esigibile. Il criterio indicato è primario; al successivo si può ricorrere soltanto se il senso non risultasse certo (De Paolis, V. - D’Auria, A., Le norme generali. Commento al Codice di diritto canonico, Città del Vaticano 2014? 219-220). 26 L'Osservatore Romano ( 11 dicembre 2015) 8. 27 I due testi normativi, che producono notevoli conseguenze nei diritti e doveri dei fedeli, sono apparsi in lingua italiana il 9 settembre e successivamente nel sito www.vatican.va [accesso: 30 gennaio 2016]: il motu proprio per la modifica del codice latino in lingua latina e altre quattro lingue moderne; il motu proprio per la modifica del codice orientale in lingua latina e altre sette lingue moderne. Tuttavia a fine gennaio 2016 non era ancora apparso il testo in “Acta Apostoli­­cae Sedis” che, a norma del can. 8 § 1 del codice latino è la forma ordinaria di promulgazione

Next

/
Oldalképek
Tartalom