Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
RECENSIONS
RECENSIONS 271 non ci sono assoluzione sacramentale e ammissione all’Eucarestia. Non devono essere ammessi tutti coloro che ‘perseverano con ostinazione in un peccato grave manifesto’ (CIC, 915). Non ha quindi senso pensare a fare un’eccezione per i divorziati risposati che non si impegnano a cambiare forma di vita o separandosi o rinunciando ai rapporti sessuali. Esclusione dalla comunione eucaristica non significa esclusione dalla Chiesa, ma solo comunione incompleta” (pp. 15-16) che richiede una vicinanza attenta e misericordiosa da parte della Chiesa. Non dimenticando al riguardo che pur non essendo possibile, per i motivi visti, l’ammissione ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia, questo non esclude l’accesso alla misericordia di Dio per altre vie e che in ogni caso la grazia di Dio non è legata ai sacramenti (cf Familiáris consortio, 84; Reconciliatio ei poenitentia, 34; “Sciendum tarnen quod, sicut Deus virtutem suam non alliga- vit sacramentis quin possit sine sacramentis effectum sacramentorum conferre (...)”: S. Th. Ili, 64, 7 c). L’A. prende quindi in esame in particolare i nn. 25, 41 e 52 della Relatio Synodi 2014, che trattano dell’approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziate e risposate ovvero conviventi, e spiega ancora più dettagliatamente, sempre alla luce della Scrittura e del Magistero, il non senso di una loro ammissione ai sacramenti, anche solo in determinate circostanze e situazioni. In particolare, riguardo alle unioni illegittime scrive, alla luce del principio, purtroppo spesso dimenticato da più di qualcuno, bonum ex integra causa malum ex quocumque defectu, “Certamente anche le unioni illegittime contengono autentici valori umani (per esempio, l’affetto, l’aiuto reciproco, l’impegno condiviso verso i figli), perché il male è sempre mescolato al bene e non esiste mai allo stato puro. Tuttavia bisogna evitare di presentare tali unioni in se stesse come valori imperfetti, mentre si tratta di gravi disordini. (...) La legge della gradualità riguarda solo la responsabilità soggettiva delle persone e non deve essere trasformata in gradualità della legge, presentando il male come bene imperfetto. Tra vero e falso, tra bene e male non c’è gradualità. Mentre si astiene dal giudicare le coscienze che solo Dio vede, e accompagna con rispetto e pazienza i passi verso il bene possibile, la Chiesa non deve cessare di insegnare la verità oggettiva del bene e del male, mostrando che tutti i comandamenti della legge divina sono esigenze dell’amore autentico (...)” (pp. 31-32 e cf anche pp. 42-44 dove riprende e spiega più analiticamente la differenza tra “legge della gradualità” e "gradualità della legge”). Questo si applica, ovviamente, anche alle unioni omosessuali. Non è quindi pensabile un perdono da parte di Dio senza conversione e questo vale per tutte le possibili situazioni prese in esame, ma in modo particolare nei casi di matrimoni naufragati anche per la colpa di uno solo dei coniugi, che mai potrà giustificare un nuovo matrimonio, data la validità del precedente (cf p. 34). Non dimentichiamo che al riguardo abbiamo delle definizioni chiare del Concilio di Trento che non possono essere messe in discussione se non minando l’attendibilità dello stesso istituto conciliare e del Magistero (cf Condì. Tri-