Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

IUS CANONICUM - Carlos José Errázuriz M., Sul rapporto tra teologia e Diritto canonico: il binomio dottrina-disciplina

210 CARLOS JOSE ERRAZURIZ M. Il diritto inteso come il giusto si allontana sia dal soggettivismo individualis­tico16 che dal normativismo positivistico, giacché consiste in un bene che è oggetto di relazioni tra persone umane. E un concetto che può essere colto più facilmente se lo si mette in relazione con quello di bene giuridico: i diritti sono sempre concrezioni dei beni giuridici appartenenti alle persone e alle comunità. Nella Chiesa tali beni giuridici sono in primo luogo i beni salvifici della parola di Dio e dei sacramenti, cui si aggiungono quelli della libertà dei figli di Dio e della potestà gerarchica, e i beni giuridici naturali che sono connessi con la vita ecclesiale. Questa prospettiva molto semplice, che mette al centro la persona e la sua relazionalità circa i beni, offre una chiave di lettura per affrontare le più complesse questioni del mondo giuridico, non certo perché da tale prospettiva si possano dedurre le soluzioni concrete, ma perché si adotta un’angolatura con­sona con l'essenza del diritto, il che agevola molto l'intero lavoro del giurista. Per comprendere meglio questa visione del diritto come ciò che è giusto, evi­tando che possa essere intesa come un’esaltazione individualistica della perso­na, conviene sottolineare che ogni diritto comporta per sua natura 1’esistenza di un’altra persona che deve dare o rispettare il bene altrui, e che tale obbligo pre­cede qualsiasi forma di esigenza sociale dei diritti. Inoltre, i beni non apparten­gono solo alle persone umane, ma anche alle istituzioni, per cui in ambito cano­nico la questione dei diritti della Chiesa come istituzione, e anche dei suoi doveri, è di grande rilievo per un’impostazione adeguata della giuridicità eccle­siale. D’altra parte, si potrebbe pensare che l'insistenza sulla categoria del diritto come oggetto della giustizia rappresenti una trasposizione indebita alla Chiesa di una concezione valida unicamente per l’ambito civile. Per rispondere a ques­ta obiezione rimanderei alle citate parole di Mörsdorf, che pur non muovendo dalla nozione del giusto, offrono una risposta assai convincente, e da parte di un autore la cui sensibilità teologica è fuori dubbio, circa 1’esistenza di dimensioni umane naturali, come quella del diritto, incorporate nella stessa realtà ecclesia­le17. D'altro canto, va osservato che nello stesso ambito civile oggi si è quasi sempre lontani dal concepire il diritto in quel modo, per cui sorge piuttosto un’altra obiezione, quella secondo cui tale concezione sarebbe un prodotto cul­turalmente sorpassato, che si richiama a concezioni, come quella di Aristotele o San Tommaso, legate a un contesto sociale completamente diverso da quello nostro. La risposta compiuta a questa nuova difficoltà richiederebbe di most­rare 1'esistenza di una dimensione essenziale e permanente nel diritto, che pur 16 Di recente Papa Francesco ha messo in guardia contro tale modo di intendere i diritti: cfr. il suo discorso al Parlamento Europeo, Strasburgo, 25 novembre 2014. 17 Ho cercato di approfondire quest’aspetto in Fede e ragione nella scienza canonica: i presupposti ontologici, in MartInez-Echevarrìa, I. (a cura di), Fede, evangelizzazione e diritto canonico, Roma 2014. 13-29.

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