Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
IUS CANONICUM - Bruno Esposito, O.P., La fede come requisito per la validitá del matrimonio sacramentale?
174 BRUNO ESPOSITO, O.P. Agli inizi dei successivi anni Ottanta, si creò così una frattura tra la dimensione soggettivo-esistenziale del matrimonio (fede, intenzione, maturità cristiana), e quella ontologica (forma, materia, essenza, fini)33, concludendosi - senza preliminarmente verificarne la fondatezza dottrinale - per la necessaria intenzione interna richiesta ai fini del sorgere della realtà sacramentale, per la necessaria consapevolezza che i nubendi debbono avere di un sacramento del quale essi sono pure ministri della Chiesa (argomentazione ecclesiologica), ed infine concludendosi per la necessità di rispettare la libertà di coscienza degli sposi, in linea con la Dichiarazione conciliare Dignitatis humanae. Si richiedeva, dunque, una mitigazione dell’asserito automatismo dell'inseparabilità contratto- sacramento ed implicitamente si sosteneva la possibilità di indagare nel senso dello scardinamento del rapporto intercorrente tra il patto di diritto naturale ed il sacramento, in ragione di una nuova interpretazione dell’oggetto dell’intenzione sacramentale del ministro o del suscipiente, ovvero addirittura del testimone qualificato della Chiesa quale ministro. Le dubbie conseguenze dottrinali che anche oggi quale logico corollario si riproporrebbero furono le seguenti: iniziandosi a distinguere tra l’aspetto psicologico dell'intenzione e la dimensione ontologica del matrimonio, parallela- mente si operò anche una intellettualista, razionalista e volontaristica distinzione sempre più marcata tra la sacramentalità in concreto (dipendente dall'intenzione sacramentale) e quella in astratto, e dunque ancora una volta tra la dimensione naturale e quella soprannaturale del vincolo cristiano, con richiesta di un inserimento dell’aggettivo “christianum” al matrimonio del can. 1057 CIC/17, l’introduzione di un nuovo impedimento dirimente riguardante i battezzati non credenti, l’introduzione di una forma specificamente liturgico-sacramentale ad validitatem con la presenza del sacerdote rivalutato nella sua ipotetica funzione ministeriale34. Dunque, esattamente la proposta oggi alla nostra attenzione. Sul finire degli anni Ottanta la dottrina canonistica cominciò così a sussumere all’istituto della simulazione parziale la fattispecie dell’esclusione della sacramentalità35. Si individuò un nuovo capo di nullità che tanta difficoltà applicativa troverà in giurisprudenza, analizzato sia nella sua autonomia concettuale (can. 1101, § 2), sia quale errore determinante la volontà (can. 1099) sulla me33 Cf Castano, J. F., De quibusdam difficultatibus contra can. 1012 § 2. scilicet “quin sit eo ipso sacramentum ”, in Periodica 67 ( 1978) 269-281. Manzanares, J., Habitudo matrimonium omnium baptizatorum inter et sacramentum: omne matrimonium duorum baptizatorum esine necessarie sacramentum?, in ibid., 35-71. 34 Cf Corecco, E., Il matrimonio, 12-126. 35 Cf Mingardi, M., L’esclusione, 128-167,263-267.