Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

IUS CANONICUM - Bruno Esposito, O.P., La fede come requisito per la validitá del matrimonio sacramentale?

166 BRUNO ESPOSITO, O.P. dall'impedimento di disparità di culto (cfr. can. 1086) e alla licenza richiesta per i matrimoni misti (cfr. can. 1124). La ragione e il fine di questa eccezione alla norma generale del can. 11 aveva lo scopo di evitare che i matrimoni con­tratti da quei fedeli fossero nulli per difetto di forma, oppure per impedimento di disparità di culto. Tuttavia, l’esperienza di questi anni ha mostrato, al contra­rio, che questa nuova legge ha generato non pochi problemi pastorali. Anzitutto è apparsa difficile la determinazione e la configurazione pratica, nei casi singo­li, di questo atto formale di separazione dalla Chiesa, sia quanto alla sua sos­tanza teologica sia quanto allo stesso aspetto canonico. Inoltre sono sorte molte difficoltà tanto nell’azione pastorale quanto nella prassi dei tribunali. Infatti si osservava che dalla nuova legge sembravano nascere, almeno indirettamente, una certa facilità o, per così dire, un incentivo all’apostasia in quei luoghi ove i fedeli cattolici sono in numero esiguo, oppure dove vigono leggi matrimoniali ingiuste, che stabiliscono discriminazioni fra i cittadini per motivi religiosi; inoltre essa rendeva difficile il ritorno di quei battezzati che desideravano viva­mente di contrarre un nuovo matrimonio canonico, dopo il fallimento del pre­cedente; infine, omettendo altro, moltissimi di questi matrimoni diventavano di fatto per la Chiesa matrimoni cosiddetti clandestini. Tutto ciò considerato, e va­lutati accuratamente i pareri sia dei Padri della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, sia anche delle Con­ferenze Episcopali “che sono state consultate circa l’utilità pastorale di conser­vare oppure di abrogare questa eccezione alla norma generale del can. 11, è apparso necessario abolire questa regola introdotta nel corpo delle leggi cano­niche attualmente vigente”8. Quindi, con l’esperienza, ci si è resi conto dell'og- gettiva difficoltà di verificare nel concreto la separazione della Chiesa con atto formale e si è deciso di derogare alla normativa vigente. 7. In modo particolare dopo il Concilio Vaticano II, sono sempre più le accu­se di “giuridizzazione" dell'istituto del matrimonio da parte della Chiesa. Di fatto è di percezione comune, dentro e fuori la Chiesa, che lo stesso Diritto ca­nonico si risolva nelle dichiarazioni di nullità del vincolo matrimoniale. 8. L’ultima considerazione, che ci sembra importante tenere presente nella questione proposta alla nostra riflessione, riguarda i diversi livelli di diritto in­teressati dall'istituto matrimoniale e le norme circa l’interpretazione delle leggi ecclesiastiche. Il matrimonio, infatti, è un istituto naturale, elevato da Cristo a sacramento, e perciò di diritto divino positivo ed è anche disciplinato dal diritto positivo ecclesiale (cf per es. cann. 1055, §§ 1-2; 1059; 1083, § 1 ). Il diritto di­vino è giuridico dommatico, anche se è conosciuto progressivamente dall'uomo e dalla Chiesa; il diritto positivo ecclesiale, come realtà intenzionale, nel suo intento di tradurre le esigenze, in sé immutabili, del diritto divino e nella fedeltà 8 Testo originale latino in AAS 102 (2010) 9.

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