Folia Theologica et Canonica 3. 25/17 (2014)

SACRA THEOLOGIA - Franco Anelli, Universita, nuovo umanesimo e unita del sapere

UNIVERSITÀ, NUOVO UMANESIMO E UNITA DEL SAPERE 21 competizione su questi terreni, riducendo garanzie e sicurezza sociale e traden­do i valori sociali che l’Europa ha affermato nella sua storia. Dobbiamo invece giocare altre e più nobili carte: quelle di risorse umane dotate di creatività, spi­rito di adattamento, visione d’insieme, intelligenza del particolare, capacità di giudizio. In altre parole, di persone capaci di innovare con originalità, ricordan­do che uno dei punti di forza della nostra civiltà è il libero dialogo “tra le scien­ze” (cross fertilization) e anche “tra scienza e società”. La soddisfazione delle giuste esigenze di formazione altamente specialistica, addestramento e aggiornamento professionale, del resto, può e deve trovare ris­posta in altre fasi del percorso universitario: segmenti dei corsi di laurea ma­gistrale, master universitari, dottorati di ricerca e altri spazi di formazione con­tinua (longlife learning). In ogni caso, la soluzione non può essere quella di trasformare le università in altrettanti super istituti di formazione specializzata - priva di attenzione al tutto e di solide basi concettuali - ovvero in centri di ri­cerca totalmente asserviti alle esigenze delle imprese e dei mercati. Resistere in modo costruttivo a questa tendenza richiede un particolare im­pegno, a cui le “università cattoliche”, come accennavo, possono contribuire con la propria specifica identità e storia. Occorre, ragionando in modo preposi­tivo, promuovere un dibattito culturale per sottolineare come oggi, ancor più che in passato, vi sia bisogno di comunità accademiche in cui la ragione è colti­vata ed esercitata in modo libero e ampio. II. Essere università nell’Europa della post modernità Come si colloca questa “idea” di università nell’Europa contemporanea? Quale forza essa riceve dalla tradizione dell’università Europea? E come si declina, nell’attuale condizione di post-modernità, la nostra responsabilità di educatori e studiosi? Per provare a rispondere a questi interrogativi ritengo possa essere utile richiamare alcune coordinate storico-culturali del contesto in cui ci è dato di operare. Quando, nel 1929, scrisse “Il disagio della civiltà”2, Sigmund Freud volle mettere a fuoco quella che, a suo avviso, costituiva una condizione essenziale dell’uomo civilizzato; condizione che si era conservata e che, anzi, veniva esal­tata dall’antropologia e dai nuovi comportamenti sociali della modernità. Secondo Freud la civiltà si fonda «su una restrizione delle pulsioni» perché «l’uomo civile ha scambiato una parte delle sue possibilità di felicità per un po ’ di sicurezza»3. Egli descrive tale passaggio come affermazione sociale del 2 Pubblicato poi a Vienna Tanno successivo. 3 Citazioni tratte da “// disagio della civiltà”, trad, it., Boringhieri, Torino 1978.

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