Folia Theologica et Canonica 2. 24/16 (2013)

IUS CANONICUM - Forteenth International Conference «Questioni sul tema della provisione canonica degli uffici ecclesiastici» 11th February 2013 Velasio De Paolis, C. S., Il Codice del 1983 ultimo documento del Vaticano II

234 VELASIO DE PAOLIS, C.S. data nell'annuncio, dato puramente cronologico, siamo passati ad un nesso sempre più profondo, fino all'affermazione che fa del codice un frutto del Concilio, addirittura un suo documento postumo, l’ultimo documento; il docu­mento che incarna e custodisce il Concilio da manipolazioni e deviazioni. Le lodi che sono state espresse per il Concilio, in qualche modo sono passate al Codice stesso. Così teologia e diritto sono state accomunate felicemente; teolo­gi e canonisti si sono trovati a braccetto. La Chiesa mistero e sacramento di salvezza, e comunione, vivificata dallo Spirito Santo, e Chiesa istituzione avrebbe trovato una adeguata espressione ed armonizzazione. L'ecclesiologia del Vaticano II è divenuto anche il criterio ermeneutico del nuovo codice. All’interno di questo cammino sono stati sottolineati anche aspetti partico­lari specifici del nuovo Codice che risulterebbe la traduzione giuridica dei prin­cipi dottrinali del Concilio, e particolarmente della ecclesiologia del Vaticano IL fino ad indicare quasi un ideale che almeno in qualche parte è stato possibile raggiungere: la trascrizione verbale dello stesso Concilio Vaticano II! Così il nuovo codice è stato lodato per la sua ricchezza dottrinale, per il suo afflato spirituale e per la sua pastoralità, che permette di leggere la norma nel suo sig­nificato di servizio alla salvezza delle anime. Il Codice si legittima e giustifica in relazione al Concilio e alla fedeltà ad esso, al punto che là dove tale fedeltà fosse in dubbio il criterio interpretativo prevalente dovrebbe essere lo stesso Concilio. Questa visione del Codice, almeno nella parte finale di promulgazione e di presentazione di esso rispecchia il clima del tempo che faceva leva particolar­mente sull’esaltazione del Concilio e dello spirito conciliare. Attraverso questo clima favorevole al Concilio e alla sua ecclesiologia si intendeva anche far pas­sare l’aspetto disciplinare, normativo e istituzionale della Chiesa e della vita della Chiesa, che pure il Concilio non aveva certamente trascurato, ma che era stato messo piuttosto in ombra da una certa tendenza spiritualista e carismatica della vita della Chiesa. Di fatto, abbiamo avuto modo di rilevarlo, particolar­mente nel dopo Concilio si era rafforzata una certa tendenza che non lasciava spazio alla disciplina e al diritto. Di questo aspetto si era reso conto bene Paolo VI che, come abbiamo sottolineato, non aveva mancato di rimarcarlo nei suoi interventi. Anzi i dieci principi per la revisione del Codice erano stati elaborati proprio in relazione a tale tendenza, particolarmente i principi circa la necessità di un ordinamento giuridico della Chiesa e sul diritto penale, anche se negli stessi principi si sottolineavano le peculiarità del diritto della Chiesa. La sotto- lineatura poi insistente sul fatto che il Codice nuovo era il Codice del Concilio e l’ultimo documento del Concilio significava che esso era stato fedele a Conci­lio e lo aveva interpretato correttamente; esso pertanto, venendo dopo tanti anni dal Concilio, costituiva già una interpretazione del Concilio stesso. Di fatto i problemi che vennero ponendosi sulla interpretazione del Concilio, se in linea di rottura o di continuità nella riforma, se doveva prevalere la lettera

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