Folia Canonica 12. (2009)

STUDIES - Luis Okulik: Significato e limiti della definizione di Chiesa sui iuris

82 LUIS OKULIK 7. La tutela e l’osservanza DELLE proprie tradizioni Il rito viene attualmente definito nella disciplina orientale come “il patrimo­nio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare, distinto per cultura e circo- stanze storiche di popoli, ehe si esprime in un modo di vivere la fede ehe è pro­prio di ciascuna Chiesa sui iuris”<‘‘>. Questi riti hanno origine nelle tradizioni Alessandrina, Antiochena, Armena, Caldea e Costantinopolitana* 70. Tuttavia, è da notare ehe questa normatíva canonica include la clausola "nisi aliud constat”, la quale mantiene aperta la possibilità di far emergere per mezzo delfincultura- zione un nuovo rito non necessariamente da qualcuna delle cinque tradizioni orientali ma piuttosto attraverso qualcuna di esse71. Questa clausola fu ammessa da un gruppo speciale di studio della Commissione per la Revisione del Diritto Canonico Orientale, a proposta del perito G. Nedungatt e sulla scia delfemen- damento fatto alia bozza della costituzione sulla liturgia del Concilio Vaticano II72. Tuttavia, occorre precisare ehe la novità di un rito che sorgesse attraverso una delle cinque grandi tradizioni orientali dovrebbe comunque contenere gli elementi essenziali della tradizione cristiana, cosi come vengono custoditi nelle tradizioni già esistenti e ehe devono mantenere la loro caratteristica di essere “comuni” a tutti i riti, attuali e futuri. La dottrina cattolica, percio, assegnando un significato basilare alTosservan- za dei riti, promuove questo patrimonio ehe riguarda 1’intera Chiesa di Cristo, perché esso afferma “la divina unità nella varietà della fede cattolica”73. E pertanto compito precipuo dei gerarchi ehe presiedono le Chiese sui iuris, ma anche dei gerarchi di altre Chiese, come quella latina, curare con la massima diligenza la custodia fedele e 1’osservanza accurata dei proprio rito senza am- mettere in esso dei mutamenti se non per ragione di un organico progresso74. Nelfassolvere questo compito, viene chiesto ai gerarchi di fare attenzione alia vicendevole benevolenza e all’unità dei cristiani. II contenuto di questo dovere ecclesiale deriva dall’insegnamento del Con­cilio Vaticano II, il quale, in riferimento ai riti legittimamente riconosciuti, af­ferma che “desidera che, ove sia necessario, vengano prudentemente riveduti in modo integrale nello spirito della sana tradizione e venga dato loro nuovo vigo­re secondo le circostanze e le nécessita del nostro tempo”75. Quindi, la ragione principale che deve guidare ogni possibile rinnovamento dei riti è 1’organico “CCEO, can. 28 § 1. 70 Cfr. CCEO, can. 28 § 2. 71 Cfr. F. M. McManus, The Possibility of New Rites in the Church, in The Jurist 50 (1990) 435-458. 72 Cfr. SC, 4. 73 CCEO, can. 39. 74 Cfr. CCEO, can. 40 § 1. 75 SC, 4.

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