Folia Canonica 12. (2009)

STUDIES - Georges Ruyssen: Forme istituzionali di collaborazione interrituale, ieri ed oggi

FORME ISTITUZIONALI DI COIXABORAZIONE INTERRITUALE... 115 distinto per cultura e circostanze storiche di popoli, che si esprime in un modo di vivere la fede che è proprio di ciascuna Chiesa sui iuris.” Quindi le decisioni non possono calpestare il patrimonio rituale di ciascuna Chiesa, né la potestà propria dei patriarchi, dei sinodi, dei metropoliti e dei consigli dei gerarchi, come lo farebbe, per esempio, una decisione di un’assemblea interrituale in materia di elezione dei vescovi o dei patriarchi67. Si terra anche conto dei dirit— to particolare di ciascuna Chiesa sui iuris. Per avere forza giuridica le decisioni deU’assemblea interrituale devono rispettare due condizioni: • essere “stabilite insieme almeno con due terzi dei voti dei membri aventi voto deliberativo”. Quindi non una maggioranza di due terzi dei presenti o ancora dei presenti votanti. Gli statuti possono prevedere ehe alcuni membri hanno un voto consultativo, perô il loro voto non è da com­putare. • essere “approvate dalla Sede Apostolica”68. E owio che l’assemblea interrituale puô emanare dei documenti ehe non hanno una natura giuridica nel senso stretto, tali lettere pastorali, dichiarazioni, guidelines o proposte. Le assemblée interrituali sono essenzialmente “organismi di carattere prevalentemente consultivo, atti a favorire la collaborazione in- terecclesiale”69. Il terzo paragrafo prevede un’altra barriera di sicurezza: “Una decisione, an­che se presa con voto unanime, che in qualunque modo ecceda la competenza di questa assemblea, non ha nessun valore finché non sia stata approvata dallo stesso Romano Pontefice.”70 67 Per lo più, sarebbe stranissimo ehe una tale decisione circa 1’elezione dei vescovi presa da un’assemblea interrituale verrebbe sottoscritta dai vescovi latini o da un patriarca latino! Un altro esempio sarebbe una decisione dell’assemblea interrituale in materia dei santo myron confezionato dai vescovi, senza tener conto dei fatto ehe nella Chiesa armena questo viene riservato al patriarca. 68 Queste due condizioni sono le unichc somiglianze con le conferenze episcopali. Cfr. il c. 455/CIC §2: “Perché i decreti [...) siano emanati validamente, devono essere espressi nella as­semblea plenaria almeno mediante i due terzi dei voti dei Presuli ehe appartengono alia Confcrenza con voto deliberativo, e non ottengono forza obbligante se non vengono legittimamente promul­gati, dopo essere stati autorizzati dalla Sede Apostolica.” “ Brogi, II nuovo Codice orientale (nt. 42), 52. 70 Come nell’esempio di una decisione sottoscritta da tutti i membri dell’assemblea circa 1’clezione dei vescovi o dei patriarchi. Anche se presa all’unanimità, eccede la competenza dell’as- semblea. Per avere forza giuridica, occorre 1’approvazione dei Romano Pontefice. Mons. Vincent Che nel suo commento sui c. 322/CCEO serivé: “ Il §3 présenta i casi ecce- zionali, in cui una decisione, eventualmente presa da [un’assemblea interrituale], anche con voto unanime, ma contra tale decisione è mossa un’eccezione, in quanto reca dei pregiudizi in un mo­do provato al rito di alcuna Chiesa sui iuris o contrasta la potestà dei Patriarchi, dei Sinodi, dei Metropoliti e dei Consigli dei Gerarchi, ed in una parola eccede in qualche modo la competenza [dell’assemblea interrituale] tale decisione è priva di valore giuridico. Ma data la volontà dei com­ponenti, deliberatamente espressa, e data la portata più o meno grave di certi eccessi, la via è aper­ta ehe tale decisione, giudicata piuttosto opportuna e necessaria, sia sottomessa all’approvazione della suprema Autorità della Chiesa, che è nel Romano Pontefice”; Commento (nt. 54), 286.

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