Folia Canonica 10. (2007)
STUDIES - Andrej Saje: Lo sviluppo della forma della celebrazione del matrimonio nella Chiesa Occidentale e nella Chiesa Orientale nel caso in cui manca l'assistente competente
84 ANDREJ SAJE Quando, in un caso estremo, la coppia si sposa adoperando la forma straordi- naria, il matrimonio è valido e lecito senza l’assistenza dei sacerdote. Partendo dalla dottrina tradizionale dell’inseparabilità tra il contratto e il sacramento e dalla distinzione, applicata in questo campo da mons. Prader e p. Navarrete, tra l’atto essenziale (il consenso degli sposi) e il rito essenziale (le cerimonie liturgi- che, inclusa la benedizione) arriviamo alia conclusione ehe la funzione ministe- riale del sacerdote benedicente nelle Chiese orientali appartiene solo al rito essenziale.32 Questa funzione non è richiesta dalla natura stessa dei matrimonio, a differenza dal consenso degli sposi ehe è indispensabile, ma viene prescritta dalla legge positiva della Chiesa per la forma ordinaria della celebrazione dei matrimonio. Qualora, in una situazione di grave incomodo, la legge umana positiva si trovasse in conflitto con quella naturale, prevarrebbe la legge naturale. In quel caso, il matrimonio, anche se privo dei rito essenziale, sarebbe valido e lecito. Nella forma straordinaria, dunque, i ministri dei sacramento dei matrimonio sono gli sposi stessi. Ovviamente non solo nella forma straordinaria, ma anche in quella ordinaria, è il consenso a costituire il matrimonio. Il sacerdote benedicente nelle Chiese orientali, dove il rito liturgico viene prescritto per la validité della forma ordinaria, puö essere considerato ministro solo in senso liturgico. Arrivando a questa conclusione si pone la domanda dei perché il silenzio circa la questione del ministro del matrimonio, sia nella legislazione precedente che in quella vigente. Questo fatto è significativo, visto ehe il Legislatore ha dato norme sui ministro per tutti i sacramenti, tranne che per il matrimonio. In realtà vi furono due tentativi di introduire una norma secondo cui gli sposi erano definiti ministri dei sacramento dei matrimonio. II primo tentativo si ebbe durante la codificazione piano-benedettina nel 190 5 33 e il secondo nel 196434, durante il Concilio Vaticano II. Tutte e due le proposte furono respinte, la prima con la mo- tivazione che, essendo dottrina chiara, un canone sui ministro non era necessario, e la seconda perché non sembrava opportuno inserire una tale affermazione, che non era accettata da tutti. Sembra, dunque, ehe la ragione essenziale per non introduire un canone sui ministro della celebrazione del matrimonio sia il rispet- to della tradizione orientale. 32 Cf. Navarrete, «Differenze», 297; J. Prader, «La forma di celebrazione dei matrimonio», in II matrimonio nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (Studi Giuridici 32), Città del Vaticano 1994,290. 33 Della necessità di un canone sui ministro dei matrimonio i consultori discussero già all’inizio della preparazione del CIC/17 nel 1905. Cf. I pareri dei consultori De Becker e Wemz, Fondo CIC/17, scat. 55, f. 51v, 54v. Cf. Saje, «La preparazione», 122. 34 Alcuni padri conciliari vollero precisare nella Costituzione Lumen Gentium, nr. 11 ehe sono gli sposi ad amministrare il matrimonio; la Commissione dottrinale perô respinse la proposta. Cf. CoNC. Vaticano II, Acta Synodalia, vol. 3, pars 6,97.