Folia Canonica 6. (2003)
STUDIES - Péter Szabó: Ancora sulla sfera dell'autonomia disciplinare dell' Ecclesia sui iuris
AUTONÓMIA DISCIPLINARE DELL’ECCLESIA SUI JURIS 171 grave del suddetto comportamento. Esso, infatti, sarebbe in grave tensione con ‘il principio del do vere govemare sempre in comunione’ con le altre Chiese,34 35 dovere ehe costituisce da parte suaun punto di riferimento essenziale, e ehe puô, quindi, radicalmente incidere sui i diritti e sui loro esercizio nella Chiesa. —Un certo vescovo, chissà per quale motivo, dà il suo consenso automatica- mente a tutte le richieste inoltrategli per chiedere il passaggio ad una altra Chiesa sui iuris. Nelle altre eparchie invece, per prevenire ali’erosione massiccia delle loro comunità, si affida la decisione suile suddette richieste più spesso alia Con- gregazione Orientale. I fedeli delle altre eparchie ehe intendono passare ad un’altra Chiesa sui iuris, dopo un certo periodo, per avere un procedimento più veloce ed un risultato assicurato, aproffittandosi della facilita offerta dalla nonna canonica nel poter ottenre una residenza prowisoria,36 lasciano la propria Chiesa in grande numero con 1’assistenza dei vescovo in questione. In un caso-limite come quello appena descritto, sarebbe impossibile emanare una legge sui iuris che prescriva la previa notifïca, la licenza, o addirittura il consenso ad validitatem, nei confronti / o da parte del vescovo interessato, alla cui eparchia il candidato in realtà appartiene?37 E, spingendosi öltre, non avendo sortito alcun effetto l’invito a ritomare ad una prassi più ponderata, si potrebbe emanare nei confronti di taie eparchia una legge particolare sui iuris, che prescriva il previo parere, as- senso o addirittura dei consenso dell’autorità superiore riguardo a tali casi, o per di più a qualsiasi passaggio fatto tramite il vescovo in questione?38 34 Cf. Chiappetta, Il codice, (nt. 8), I, nn. 1142-1143, 310-311. 35 Perun’affermazione molto chiara di tale esigenze intrinseca, fondata su fonti autorevoli, vedasi: G. Feliciani, Le conferenze episcopali nel magistero di Giovanni Paolo II, in Aa. Vv. Scritti in memoria di Pietro Gismondi, Milano 1987, vol. 1,682; cf. anche J. I. Arrieta, Conferenze episcopali e vincolo di comunione, in Ius Ecclesiae 1 (1989) 3-22; Comentario (nt. 16), II, 67-68; vedasi: nt. 82. 36CCEO c. 912, § 2. 37 Sappiamo ehe la regolamentazione delle questioni interrituali riguarda la Sede Apostoli- ca (OE 4). Eppure si puô porre la domanda se nel caso appena abbozzato non si potesse correg- gere questa prassi anomala anche sul livello della Chiesa sui iuris interessata. Notiamo ehe l’ipotesi qui esposta, in verità, non riguarda la regolamentazione di una questione interrituale, bensi solo la correzione di una deviazione anomala neWapplicazione della norma. Qu- est’ultimo ambito, invece, è appunto quel ’ ehe viene dichiaratamente attribuito per gli enti go- vemativi di livello intermedio; cf. CCEO c. 169, CIC c. 445, CS c. 349, OE 9). 38 Senz’altro lo ius vigens attribuisce ai vescovi eparchiali un ruolo considerevole nel di- sbrigo dei passaggi tra Chiese sui iuris. Tale competenza, perô, non fa parte di quella sfera ehe appartiene alTufficio episcopale iure divino né a quella potestà di cui il libero esercizio è co- munque indispensabile per poter govemare adeguatamente la sua comunità. Certamente il problema potrebbe essere regolato anche in base ad una norma che non riguardasse diretta- mente la prassi episcopale, bensi la sfera d’autonómia dei fedeli coinvolti. Comunque, e questo fatto è da sottolineare, la stessa ed identica legge particolare la quale comporterebbe in una certa misura la delimitazione dell’autonomia di un vescovo, dal punto di vista dell’altro ve-