Folia Canonica 5. (2002)

PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE "Tra Chiesa universale e Chiesa particolare", Budapest, 2nd February 2002 - Adriano Garuti: Origine e natura dei patriarcati

258 ADRIANO GARUTI Pertanto i poteri sovraepiscopali dei patriarchi non sono originati da una ri- nuncia degli altri vescovi. D’altronde la struttura gerarchica data alia Chiesa da Cristo, suo fondatore, contempla che titolari di giurisdizione sono soltanto, per diritto divino, il Romano Pontefice (da solo o con il Collegio) e il vescovo: qual- siasi altra autorità sovraepiscopale è di puro diritto ecclesiastico. Ne consegue ehe la potestà patriarcale, non provenendo dai vescovi, è nativamente dipenden- te dal Romano Pontefice, unica fonte di giurisdizione sovraepiscopale, e in certo senso è una partecipazione o emanazione della sua suprema potestà. IV. CONSIDERAZIONI CANONISTICHE Il rinnovato intéresse emerso dai due Concili dei Vaticano nei confronti dei patriarcati e dei rispettivi patriarchi ha avuto incidenza soprattutto in campo ecu- menico; non poteva pero mancare un impatto anche in campo canonistico. In questa seconda parte del mio intervento intendo richiamare i principali aspetti di taie impatto nella legislazione canonica del le Chiese cattoliche orienta­li, sorte a partire dal secolo XVI. É owia l’origine orientale di detti patriarcati, per cui mi limito ad alcune considerazioni sull’origine e natura dei poteri patriar- cali in rapporto al primato del Vescovo di Roma.21 La precedente legislazione (M.p. Cleri sanctitati, 1957, § 7) stabiliva: “Se- condo un’antichissima consuetudine della Chiesa, è riservato uno speciale onore ai Patriarchi d’Oriente, dato che ognuno, mediante una molto ampia potestà, data o riconosciuta (data seu agnita) dal Romano Pontefice, presiede al proprio pa- triarcato o rito, come padre e capo”. Alia luce dei decreti conciliari, dal M.p. CS fino al CCEO si nota una evolu- zione circa la descrizione dell’origine della potestà patriarcale. Nello schema di­stribuito alia Commissione per la revisione dei Codice di Diritto Canonico Orientale (ottobre 1984) il patriarca viene definito un vescovo, al quale compete potestà sulla propria Chiesa patriarcale ad normam iuris a Suprema Ecclesiae auctoritate probati; potestà che gli puô derivare, öltre che dai canoni, anche a norma delle legittime consuetudini.22 La stessa posizione viene ribadita nel testo 21 La loro estensione e limiti saranno trattati in altre relazioni. 22 II suddetto canone CS veniva modificato in questo modo: “Secondo una antichissima tra- dizione della Chiesa, già riconosciuta dai primi Concili ecumenici o dal Romano Pontefice, è riservato uno speciale onore ai Patriarchi delle Chiese orientali, dato che ognuno presiede alla sua Chiesa patriarcale come padre e capo”. Questa descrizione riprende quella dei decreto conciliare OE 11.7a, ad eccezione dell’aggiunta “dal Romano Pontefice (riconosciuta)”, che non figura nel testo conciliare; infatti, il riferimento al Romano Pontefice era stato aggiunto per sottolineare che una tradizione, sebbene antica non puo essere valida nella Chiesa, senza il consenso almeno implicito del Romano Pontefice, consenso che da se stesso sarebbe suffi­ciente (cf. Nuntia 2 [1976] 36).

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