Folia Canonica 2. (1999)
PROCEEDINGS OF THE INTERNATIONAL CONFERENCE. - Domingo J: Andrés Gutiérrez, Istituti regliosi clericali e laicali nuove nozioni e differenze
ISTI TUTI RELIGIOSI CLERICALI E LAICALI 321 determinato fine, non poteva non tenere presente l’esigenza o l’opportunità, o la necessità che l’istituto fosse costituito da chierici o meno. Qualora poi il fine esigesse l’esercizio del ministero sacerdotale e quindi la grande maggioranza dei membri o la sua quasi totalità avesse il carattere sacerdotale, si porrebbero anche problemi di carattere interno, di organizzazione e di formazione, e di carattere esterno; l’esercizio del ministero sacerdotale si inserisce infatti in un modo particolare nella pastorale della Chiesa e pone anche esigenze di potere di ordine e di magistero e di governo. Di fatto il § 2 del c. 588 présenta tre criteri per qualificare come clericale un istituto: «Si dice istituto clericale quello ehe, secondo il progetto inteso dal fondatore, oppure in forza di una legittima tradizione, é governato dai chierici, assume l’esercizio dell’ordine sacro e corne taie viene riconosciuto dall’autorità ecclesiastica». L’indole clericale o meno di un istituto appartiene al patrimonio dell’istituto (c. 578), lo qualifica all’interno della Chiesa in modo rilevante: la clericalità determina la vita dell’istituto nella sua organizzazione sia all’interno ehe all’esterno. Essa é strettamente legata al fine, ehe esige l’esercizio dell’or- dine sacro. Tutto questo non puo non risalire all’intento e al progetto originario del fondatore o a una trasformazione resasi necessaria per la fedeltà al carisma lungo il cammino della storia (sana tradizione, a norma del c. 578). Il giudizio di tutto questo spetta in definitiva all’autorità ecclesiastica, alla quale spetta sandre l’autenticità o meno di cio ehe riguarda il patrimonio di un istituto. Ma una volta che l’istituto ha tale qualifica clericale, l’ordinamento canonico della Chiesa stabilisée ehe esso sia governato dai chierici, in quanto lo stesso ordinamento attribuisce ai superiori di tali istituti determinate facoltà che possono essere esercitate soltanto dai chierici. Tra i tre criteri indicati pertanto il principale e il fondamentale ehe determina tutti gli altri é precisamente il fine dell’istituto ehe esige l’esercizio dei sacro ministero e quindi del sacerdozio. Gli altri criteri conseguono a esso. Il codice pertanto oggi dà non un criterio semplicemente quantitativo (la maggioranza de’ membri ha il sacerdozio), ma qualitativo: il fine dell’istituto richiede l’esercizio del ministero. Per questo il fondatore o la successiva tradizione hanno voluto tale qualità; per questo la Chiesa lo ha riconosciuto taie. Una volta che l’istituto é clericale, l’ordinamento canonico esige ehe esso sia governato dai chierici.» 2.2 lo stesso, nel 1996, avevo scritto: «(31) Una gran verità teologica e storica contiene il § lo della norma, quella secondo la quale lo stato di VC non é né clericale né laicale, ma puo essere una delle due cose a discrezione (cf. c. 207 § 2) ed inoltre potrebbe essere le due cose in modo mescolato o misto, sebbene questa possibilità non fu mai ne é stata codifícata positivamente dalla Chiesa. Le definizioni ehe la norma offre di IVC clericale o laicale sono flessibili e superiori a quelle relative alla fonte, c. 488, 4° CIC 1917, ehe si basavano sul semplice numero e proporzione tra chierici-laici di un IVC.