Folia Canonica 1. (1998)

STUDIES - Péter Erdő: Questioni interrituali (interecclesiali) del diritto dei sacramenti (battesimo e cresima)

14 PÉTER ERDŐ neppure nella nuova legislazione (cf. CIC c. 6, § 2; CCEO c. 2; vedi già PIO XII, mp. Cleri sanctitati, 2. VI. 1957, c. 1516) un divieto di comprendere nell’ambito di significato di certe parole anche persone, cose, rapporti giuridici della Chiesa latina o delle Chiese orientali, per le quali il rispettivo Codice in linea di massima non ha valore obbligatorio. In altri termini: i primi canoni dei due Codici enunciano delle regole di applicazione, precisando i destinatari delle loro norme, ma non costituiscono una rigida e generale regola di interpretazione ehe escluda ehe il significato di qualsiasi parola si riferisca anche alla Chiesa latina, rispettivamente aile Chiese orientali. Quando per esempio il CCEO c. 403, § 1 riconosce il diritto ai laici (ascritti alie Chiese orientali) di partecipare attivamente alie celebrazioni liturgiche di qualunque Chiesa sui iuris, tale norma autorizza i fedeli orientali anche alla partecipazione nelle celebrazioni della Chiesa latina.17 Le modalité di questa partecipazione possono essere definite poi dal diritto, ehe contiene una regola analoga anche per i fedeli latini (cf. CIC c. 923). Certamente, sia il CIC c. 923 che il CCEO c. 403, § 1 sono ugualmente conformi ai primi canoni dei rispettivi Codici. 2. II Concilio Vaticano II come norma di interpretazione dei due Codici Papa Giovanni Paolo II dice espressamente nella sua costituzione apostolica emanata per la promulgazione del C/C18 che «in un certo senso, questo nuovo Codice potrebbe intendersi come un grande sforzo di traduire in linguaggio canonistico... Ia ecclesiologia conciliare. Se poi è impossibile traduire perfettamente in linguaggio canonistico Pimmagine della chiesa, tuttavia a questa immagine il Codice deve sempre riferirsi, come a esempio primario, i cui lineamenti esso deve esprimere in se stesso, per quanto è possibile, per sua natura». Analogamente, anche nella 16 AAS 49 (1957) 439 («tenentur»), 17 Durante la preparazione del CCEO si discuteva sull’ammisssione dei fedeli orientali alia comunione piti volte al giorno. Ma la possibilità della loro comunione eucaristica nella Messa celebrata nella Chiesa latina era presupposta come evidenza; cf. per es. Nuntia 28 (1989) 90; Salachas, L’iniziazione (cf. nt. 3), 188. Tale comunione degli orientali nella Messa della Chiesa latina e viceversa è una chiara espressione della piena comunione delle Chiese sui iuris e fa parte della prassi quotidiana. 18 Const, ap. Sacrae disciplinae leges, 25. I. 1983, in AAS 75 (1983) II, xi; testo italiano in Enchiridion Vaticanum VIII, 628.

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