Tátrai Vilmos szerk.: A Szépművészeti Múzeum közleményei 92-93.(Budapest, 2000)
FEHÉR, ILDIKÓ: Il ciclo di affreschi allegorici del Palazzo Isidori di Perugia alla luce délie ultime ricerche e restauri
queste hanno confermato, senza possibilité di dubbio che le figure femminili allegoriche custodite nel Museo delle Belle Arti provengono veramente dal soffitto del primo piano di questo edificio. Sappiamo ben poco della storia dell'edificio, oggi conosciuto con il nome di Palazzo Stocchi, nel secolo scorso in possesso della famiglia BassardiniSeppi-Isidori. 16 Nel 1871 il proprietario, Francesco Bassardini, comunicava al sindaco della città di aver intenzione di togliere dalle pareti del palazzo alcuni degli affreschi che si trovano in una sala pianterrena e di venderii alla città. A quanto ne sappiamo, il sindaco non rispose alla lettera di Bassardini e cost gli eredi, alcuni anni più tardi, ripeterono l'offerta. I dirigenti della città, nel 1889, nominarono una delegazione, composta da tre notevoli personaggi della vita artistica di Perugia: Francesco Moretti, direttore della Galleria Civica, Luigi Carattoli, direttore deli'Accademia di Belle Arti e il pittore Matteo Tassi; quest'ultimo, fra l'altro, aveva restaurato gli affreschi duecenteschi della Sala dei Notari del Palazzo dei Priori. Gli esperti avevano il compito di stabilire l'importanza degli affreschi di Palazzo Isidori e di definirne le condizioni. II rapporto tramandatoci, dei tre esperti, è di estrema importanza dal punto di vista delle ricerche, infatti, questa fonte offre un'immagine précisa della collocazione delle figure femminili allegoriche custodite a Budapest. 17 Dalla descrizione degli esperti veniamo a sapere che il soffitto con travatura in legno, della sala pianterrena, era diviso in tre scomparti attraversati da undici travi trasversali che formavano tre volte dieci edicole di forma allungata (fig. 31 ). In queste edicole erano state dipinte "virtù e d'altre figure allegoriche". 18 Le figure femminili del Museo delle Belle Arti costituiscono solo una parte del ciclo di affreschi, che probabilmente era costituito da trenta pezzi, e dei quali Károly Pulszky ne acquistö ventiquattro. Inoltre, questo fatto spiega la forma stretta ed allungata delle figure. Nel primo e secondo scompartimento del soffitto diviso in tre parti, gli affreschi erano coperti da un sottile strato di calce. Nonostante ciö, le dieci figure del primo scompartimento erano ben discernibili e si poteva notare anche il numero delle figure femminili che si trovavano sotto lo strato di calce del secondo scompartimento. Nel terzo scompartimento vengono menzionati otto affreschi "in discreto stato di conservazione", mentre una delle due figure mancanti era stata - già precedentemente! - trasportata su tela. 19 La Soprintendenza per i Beni artistici e Storici deU'Umbria ha iniziato il restauro di Palazzo Isidori nel 1993. L'edificio a cinque piani, costruito in forma médiévale di torre urbana, gentilizia, continua a custodire la forma originaria: i due primi livelli - la cantina e il piano seminterrato, dove probabilmente funzionavano negozi - attualmente si trova sotto il livello della strada. 20 Si sono conservati i soffitti , a cassettoni, con 16 L'edificio oggi si trova all'angolo di Piazza Morlacchi e Via Teatro Morlacchi. nel centro Médiévale di Perugia, l'entrata attualmente s'affaccia verso Teatro Morlacchi. 17 Mancini pubblica i brani di maggior importanza del rapporto dei tre esperti, op. cit, 1997 (n. 15), 63-64. 18 ..." virtù ed altre figure allegoriche, situate in piedi entro edicole di svariatissime forme, aventi aile basi leggende in versi relative ai soggetti." Manicini, ibidem. 19 Nel 1 ° scompartimento esistono tutte le dieci figure, perö ricoperte col bianco di calce: nello scompartimento centrale sono state ugualmente imbiancate né si puö sapere quante ve ne siano, essendo nascoste da altro récente soffitto: nel terzo scompartimento ne esistono otto in discreto stato di conservazione, e ne mancano due, una delle quali si conserva dal proprietario trasportata in tela." Mancini, ibidem. 20 Mancini, op. cit., 1997 (n. 15) 71-72, nn. 27-28.