Budapest Régiségei 18. (1958)

TANULMÁNYOK - Mályusz Elemér: Az izmaelita pénzverőjegyek kérdéséhez 301-311

E. MÁLYÜSZ CONTRIBUTO ALLA QUESTIONE DEI CONI DEGLI ISMAELITI Secondo una tesi prevalente nella letteratura di numismatica ungherese magistri della zecca ismaeliti hanno svolto la loro attività non solo nel sec. XIII., ma anche in quello posteriore. A pro va di taie tesi si adduce, da una parte, il fatto che Ira i coni visibili su monete bulgare e su certe monete di Luigi I. (1342—1382) e di Sigismondo (1387—-1437) vi è una granclis­sima somiglianza e, d'altra parte, che il conio di Jacobus Sarachenus, magistro della zecca, riportato per nome dai diplomi, una testa di negro, ricordalo stemma della Bessarabia (tre teste di negro su uno scudo). E' senza dubbio sorprendente quanto si somiglino fra di loro i segni che si vedono in primo piano nella figura l a che raffigurano rispettivamente i coni délie monete bulgare, e quelli délie monete ungheresi ; questa somiglianza è perô casuale. Il conio ungherese è infatti il monogrammá di Franciscus Bernhardi. Taie identità è resa índubbia dal sigillo del Bern­hardi imposto da lui stesso su un diploma del 28 luglio 1409 rilasciato da quattro giurati della città di Buda (fig. 2" e 3 a ). Il Bernhardi, d'origine fiorentina, fu nel 1382, nel 1389 e nel 1396 «cornes tricesimarum« cioè ispezionava le gabelle di importazione e di esportazione, nel 1387 »lucrum camerae« — cioè ispettore per le tasse, nel 1392 e 1396 poi «cornes camerae» della zecca. Sotto due re fu J'amministratore dei più importanti redditi dello stato, probabilmente in qualità di impren­ditore-affittuario. Da Sigismondo ottenne occa­sionalmente anche qualche incarico diplomatico. Nel 1397, diretto a Firenze, donde riportô poi una notevole quantità di tessuti, svolse con buon risultato trattative a Venezia per incarico del re. Egli non cercava di trasformare in proprietà fondaria il guadagno proveniente dalla sua attività affaristica, rimase un bor­ghese. Quand'anche avesse ricevuto qualche podere dal re, supponibilmente per sconto di précèdent! prestiti, non l'aveva conservato a lungo. Un podere abbastanza grande, ottenuto nel 1389, fu da lui venduto dopo cinque anni per 4000 fiorini d'oro. Delle famiglie aristocrat tiche ebbe relazioni particolarmente strette con Giovanni Kanizsai, arcivescovo di Strigonia, col cancelliere generale del re e col fratello di lui, con Nicola Kanizsai, incaricato del controllo regio sulle città. Anche Nicola Marczali, voivoda della Transilvania si rivolgeva a lui per con­sigli in certi suoi affari riservati. Non appare dunque un'esagerazione se in una sua lettera del 1408 chiama il banO e conte di Ternes Benedetto Ilimfi «grande mio signore e amicho». rn pari tempo dichiarava di essere fiero che la sua farniglia, la sua casa era una «honesta chaxa», enessuno doveva dubitare dell'onestà di chiveniva accolto dalla sua famiglia. (Per lafirma della lettera: v. fig. 5 a .) Corne il Bernhardi, fu d'origine italiana, padovana, anche Jacobus Sarachenus, «cornes camerae», che svolse la sua attività nell'epoca di Luigi I. Accumula notevoli sostanze, ac­quistô due isole adriatiche (Cherso e Ossero), e comperô a Buda una grande casa che dava su due strade. Sua moglie, nata da una nobile famiglia ungherese, porto in dote varie pro­prietà site nel comitato di Hont. Suo fratello, Johannes Sarachenus, «cornes camerae» anche egli stesso, acquistô verso la fine del sec. XIV. la città e il podere di Mesztegnyő nel comitato di Somogy. La sua famiglia si è poi feudalizzata, i suoi discendenti diventarono dei nobili ungheresi col nome di Mesztegnyői Szerecsen. Johannes Sarachenus svolse uno dei suoi maggiori affari (Fappalto del sale e del tri­cesimo in Dalmazia conclusosi con perdita) con la partecipazione di Giovanni Szepesi, vescovo di Zagabria e cancelliere segreto del re. Gli imprenditori italiani stabilitisi a Buda entrarono facilmente in contatto con i prelati ungheresi essendo questi clienti di banche italiane. Essi usavano prendere in prestito da banchieri italiani le tasse da pagarsi alla camera apostolica per le nomine ad alte cariche ec­clesiastiche. Coll'aiuto dei prelati ungheresi gli imprenditori potevano facilmente adattarsi aile condizioni ungheresi. Un esempio caratteristico ne offre il caso di Bartolommeo Guidotti, bolo­gnese. L'ambasciatore di Mantova, nel 1395, gli présenté infatti una cambiale a lui intestata ed egli la pagô detraendone il 10%. A dire dell'ambasciatore egli era una specie di ban­chiere dei magnati, era in grande amieizia con loro ed essi avevano una grande fiducia in lui. Eppure nel 1391 il Guidotti era stato ancora tesoriere di Bologna e si era trasferito in Ungheria solo dopo l'esilio, cosicchè avrà potuto vivere a Buda da non più di 3—4 anni. A cavallo dei secoli XIV — XV. anche il capitale dl Germania cominciô a dimostrare un più vivo interesse per l'Ungheria. Le città della Germania occidentale avevano già prima partecipato al movimento dell'importazione e deU'esportazione, ma ora l'espansione tedesca, oltre ai rapporti normali fra le singole città e i singoli commercianti, tendeva ad influire su tutta là vita economica ungherese. Il segno di questo cambiamento già da tempo conosciuto è il decreto del 1405, il risoluto programma di Sigismondo per lo sviluppo délie città. Il pro­motoré di questa riforma e, in generale, della 310

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