Alba Regia. Annales Musei Stephani Regis. – Alba Regia. Az István Király Múzeum Évkönyve. 21. 1981 – Szent István Király Múzeum közleményei: C sorozat (1984)

Bronzes romains figurés et appliqués et leurs problémes techniques. Actes du VIIe Colloque International sur les bronzes antiques - Beschi, L.: Bronzi antichi nel Rinascimento Fiorentino: alcuni problemi. p. 119–124. t. LVI–LXIII.

esemplari sono a Firenze, altri a Cortona, Palermo, Ve­nezia, Modena, New York, Berlino, Parigi, Cluny, Avi­gnone (PL LVII1) (SUPINO 1898, 386; Middeldorf 1958, 170; Firenze 1980, 314, n. 643 a—b; Ciardi Dupré 1979, 18,2, 28). L'iconografia è certo antica, anche se non si è individuato ancora il preciso modello antico, allora di­sponibile, e quindi l'archetipo che sta alla base delle varie redazioni, oscillanii tra i 30 e 40 cm. Nessun esemplare è compîeto del doppio flauto che il Satiro giovanile teneva fissato alla bocca tramite la fascia della phorbeia. Siamo anzi sicuri che l'azione del Satiro non è stata compresa nel Rinascimento, se consideriamo che esso viene costan­temente registrato negli inventari quattrocenteschi e cin­quecenteschi col singulare appellativo di "ignudo della paura"( 14 ), quasi fosse semplicemente una figura imbava­gliata e atterrita. Cosi lo vediamo riprodotto anche nel­l'affresco patavino della Scuola del Carmine del 1505, docu­mento della sua vasta fortuna (Fiocco 1915, 141, figg. 2, 4). I diversi esemplari si distribuiscono dal primo Rinasci­mento (per alcuni s'è fait о il nome di Pollaiolo e di Ver­rocchio) fino al Cinquecento avanzato (un esemplare è ri­chiesto in prestito dalle collezioni granducali dallo stesso Benvenuto Cellini, probabilmente per eseguirne una re­plica) (PLÖN 1883, 385). Lo studio che il Middeldorf ha dedicato al tipo meriterebbe certo d'esser porfato avanti, con una accurata critica delle copie, con nuove indagini d'archivio e con letture tecniche e stilistiche. Ma torniamo ai grandi bronzi. Nella confisca dei beni medicei del 1495, oltre alla testa di cavallo vengono regi­strate "dua teste di bronzo che erano in sul terrazzino" (MÜNTZ 1888, 102). Fino ad oggi è mancato ogni tentativo di individuazione. Eppure, almeno per una esistono ben precisi indizi. Nel 1490 Lorenzo è sicuramente in trattative per l'acquisto di una testa da Siena; ce lo rivela una sua lettera al corrispondente Andrea da Foiano (GAYE 1839, 294, n. 131). Si íratta forse della stessa testa che ricordano le cronache senesi del 1492 (DELLA VALLE 1785, 48). Esse dicono: "I Senesi regalarono a Lorenzo de' Medici una testa di Giove di bronzo, eccellentemente gettato ; mirandola a destra, pareva benigno e pio; a manca, torvo e irato". Una testa di bronzo che, tramite l'ingenua e pittoresca descrizione del cronista, possiamo supporre avesse almeno alcune differenze formali nei due profili. Nel collezionismo mediceo del Cinquecento, nel quale rifluiscono vari beni di Lorenzo, I'opera non è mai ricordata. È il caso quindi di ritenere che in quel periodo essa abbia lasciato Firenze, о in occasione dei noti saccheggi del 1527 e 1537 o, più tardi, nell'ambito di più distesi rapporti diplomatici e famigliari. Trattandosi di un prezioso frammento, proporrei la connessione con Tunica testa bronzea di Giove di di­mensioni leggermente superiori al naturale che sia conser­vata e che presenti notevoli asimmetrie nei tratti del volto: il Giove del Kunsthistorisches Museum di Vienna (PL LIX) (SACKEN 1866, 13, tav. IV; Schrader 1911, 81, tavv. 1—2; Curtius 1925, 8; CURTIUS 1931, 44; LIPPOLD 1950, 212, 7). Esso pro viene dalia prést igiosa collezione che (14) Mi limito a citare un punto di partenza nelFinventario dei beni di Lorenzo il Magnifico del 1492 (MÜNTZ 1888, 79) e delle collezioni di Cosimo I (CONTI 1893, 171; MÜNTZ 1895, 51). I'arciduca Ferdinando ave va compost о nel suo castello di Ambras, presso Innsbruck, nella seconda meta del Cin­quecento (SACKEN 1855, 21—22; PRIMISSER 1819,176—177, п. 236; LUCHNER 1958,118,137). La sua "Wunderkammer" comprendeva anche una sezione di bronzi antichi che la tradizione diceva esser in gran parte frutto dei saccheggi in Italia del 1527, prima quindi degli stretti rapporti di pa­rentela che legano I'arciduca con la famiglia dei Medici (PRIMISSER 1819, 176, 178, п. 1). La nuova provenienza, anche se l'origine senese è finora „collezionistica" e non "archeologica", puo contribuire al suo probléma storico. Sono lontani ormai i vecchi ten­tativi dello Schrader di un collegamento diretto con i pro­blemifidiaci,in particolareconlo Zeus di Dresda (Schrader 1911). Già il Curtius ha esposto una critica in merito, ri­tenendo I'opera prodotto classicistico di periodo neroniano e, in un secondo momento, inserendola in un probléma di copie che tuttavia non ci sembra sussistere e quindi convin­cere( 15 ). Resta solida invece la convinzione di ambedue gli Studiosi che, per correggere le asimmetrie frontali, la testa doveva esser vista originariamente di 3/4. Si impone anche la preliminare nécessita di un esame tecnico, tanto phi che il Kluge espresse a suo tempo il dubbio che la testa non fosse antica, ma una imitazione di periodo rinascimentale о barocco( 16 ). Un giudizio che ora dovrebbe fare i conti con una documentazione già del Quattrocento, senza il supporto di un concreto modello antico allora disponibile. L'analisi tecnica di E. Formigli, esposta a seguito del présente lavoro( 17 ), ha già colto una série di dati utili a questo proposito. La fusione a cera perduta fu eseguita col metodo indi­retto, tramite almeno due matrici, collegate e coperte dal nastro della Stephane. Ma i singoli elementi interni delle ciocche dei capelli e dei peli della barba non furono ese­guiti a freddo, dopo la fusione, bensi sulle cere stesse. La testa, fusa a parte, apparteneva certo ad una statua com­pléta: lo dichiaranole tracce di saldatura lungo l'orlo infe­riore di frattura. I bulbi oculari erano inseriti a parte, dal­l'esterno, mentre le labbra erano state ottenute con l'incro­stazione di una sottile lamina di rame. La patina, unifor­memente verde, è forse effetto di un intervento artificiale moderno, dopo un trattamento di pulitura delle superfici che dovette essere piuttosto radicale. Una série di accer­tamenti che escludono I'opera dalle tradizioni artigianali rinascimentali, collocandola, come propose il Curtius, nel filone classicistico del primo Impero. L'esecuzione dei par­ticolari interni dei capelli e della barba sulla cera sembra inoltre confortare ulteriormente lipotesi che non si tratti di una copia meccanica, ma di una libera sintesi di sapore (15) Le teste Boston, Torlonia ed Ermitage, considerate dal CURTIUS 1931, mancano di ogni coincidenza copistica stretta col nostro esemplare. (16) И dubbio, espresso oralmente, ё riportato dal CURTIUS 1931, 44. (17) Un particolare ringraziamento ai Dott. W. Ober­leitner e K. Gschw antler del Kunsthi­storisches Museum di Vienna che hanno facilitato in ogni modo lo studio e l'analisi tecnica del bronzo al Sig. E. Formigli del Centro di Restaura della Soprintendenza Archeologica della Toscana a Firenze. 121

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