Fitz Jenő (szerk.): The Celts in Central Europe - István Király Múzeum közelményei. A. sorozat 20. A Pannon konferenciák aktái 2. (Székesfehérvár, 1975)

G. Bermond-Montanari: Il problema dei Celti in Romagna in relazione agli scavi di S. Martino in Gattara

che la necropoli di S. Martino in Gattara(4), scavata sistematicamente a partire dal 1963, in base a varie considerazioni e confront!, erano state attribuite ai Celti. La continuazione degli scavi a S. Martino in Gattara ha consentito una serie di considerazioni, scaturite sopratutto dalPesame del materiale scavato. I corredi delle campagne di scavo dal 1968 al 1972 sono ancora in parte in restauro, ma è già possibile una prima revisione critica a quanto pubblicato, dalPesame generale di questa necropoli, ehe si è rive­­lata straordinariamente ricca e piena di problemi. La necropoli ha inizio attorno alla meta del VI sec. a. C. Le deposizioni continuano ininterrottamente per circa due secoli. La datazione di molti corredi è possibile per la presenza della ceramica attica, che è a figure nere nelle tombe più antiche. I vasi a figure rosse più recenţi, sono databili attorno al 420 a. C., mentre successivamente le tombe sono del tutto prive di ceramica d’importazione assai frequent! sono i vasi d’impasto cinerognolo comuni a nume­rose tombe anche del bolognese e del Veneto e di altri siti dell’Italia Settentrionale. La presenza di soli vasi d’impasto è indice di un mutamento totale, in cui il fattore economico e sociale va posto in primo piano. Spariscono evidentemente i contatti col com­­mercio adriatieo per lo stesso motivo per cui come già dicemmo, spariscono i vasi attici da Adria, Spina, Felsina e Marzabotto. Tuttavia la necropoli di S. Martino in Gattara deve considerarsi anomala ri­­spetto ai coevi fenomeni urbani di Spina, Felsina e Marzabotto, qualsiasi sia la genesi e la funzione di questi tre centri, essi restano sempre ancoraţi al mondo etrusco. La presenza della ceramica greca in diverse tombe della necropoli di S. Martino in Gattara mostra una contemporaneità con il periodo felsineo, desto „Cer­tosa” delle necropoli dei grossi centri dell’Etruria Padana, prineipalmente Felsina e Spina. Ma la pre­senza di numerose armi e di un tipo di vasellame comune d’impasto, ehe non ha riscontro nell’Etruria Padana, fa escludere ehe si tratti di un insediamento etrusco. Ritornando sull’argomento relativo all’attribuzione della Necropoli di S. Martino in Gattara a gruppi celtici insediatisi in Italia alla fine del VI sec. a. C., si deve considerare quali vie di penetrazione avessero seguito per raggiungere le Vallate Appenniniche. Se si fosse trattato di gruppi provenienti dalla Ger­mania Meridionale, avrebbero valicato le Alpi Retiche e attraverso le vie di comunicazione e di commercio della Padana sarebbero passât! attra­verso Felsina e successivamente avrebbero percorso la Via pedemontana ehe portava verso l’Adriatico, (4) G. Bermond — Montanari, Necropoli Protostoriche dell’ Appennino Romagnolo. Bollettino Economico Camera di Commercio, Ravenna, n. 11, nov, 1968, 3 sgg.; Id., NSA, 1969, 1 sgg.; Id., Studi Etruschi, XXXVII, 1967, 213 sgg.; Id., Atti e Memorie Dep. Storia Patria per le Provincie di Romagna, NS XX, 1969, 87 sgg. mentre se si fosse trattato di gruppi ehe provenivano dalla zona transalpina nord-orientale avrebbero po­­tuto valicare le Alpi Carniche e raggiungere la pianura Padana attraverso l’Adriatico settentrionale e toc­­care Adria e poi Spina. Si tratta di ipotesi oltremodo suggestive, ma non trovano alcuna corrispondenza nè storica nè archeologica. Possono essere messi in relazione al problema di S. Martino in Gattara altri ritrovamenti lungo la Valle del Lamone. Indubbiamente quello in località Villa Persolino, scavato da Scarani(5) e non ancora adeguatamente pubblicato e due ritrovamenti re­cenţi, uno a Russi(6), l’altro a Faenza(7). A Russi, sotto le strutture di una villa romana, sono state rit­­rovate due tombe, databili al VI sec. a. C. La Morigi Govi pubblicando i corredi delle due tombe ha por­­tato dei confronti öltre che con S. Martino in Gattara e Verrucchio con materiale della zona picena e pre­­cisamente da Grottazzolina e Pitino di Sanseverino Marche, suggerendo attraverso l’esame del materiale, l’indizio di un allargamento della sfera d’influenza, picena evidenziando uno scambio stretto tra i due ver­santi Appenniniei. Alla conclusione ehe un abitato dell’età del ferro, scavato parzialmente a Faenza nel 1968 fosse dovuto a gent! italiche „venute al seguito delle correnti com­mercial! dall’area picena verso nord”, sono giunti gli illustratori di tale scavo ma i confronti portat! al materiale ivi rinvenuto, puô essere allargato non solo all’area nord-etrusca e picena ma anche specie per quanto riguarda le fibule in bronzo a navicella coi bottoncini laterali, all’area atestina, illirica ecc. Attraverso la tradizione degli scrittori antichi la fascia costiera adriatica da Rimini al Po viene con­siderata sede degli Umbri(8), definiţi da Plinio (n. h., Ill, 112) ,,gens antiquissima Italiae”. Nel retroterra appenninico romagnolo, rispetto alia costa, di fronte ad essa, la tradizione antica assegna agii Umbri i centri di Sarsina e Mevaniola, rispettivamente nelle vallate del Savio e del Bidente. Anche Augusto nella ripartizione amministrativa delle regioni italiche del 27 a. C. assegna questi due centri alla regio VI e non all’VIII. Agii Umbri, stanziati nell’Italia centro-settentri­­onale ad Occidente ed ad Oriente dell’Appennino po­­trebbero essere appartenuti altri insediamenti ad esempio nelle Vallate del Lamone e del Senio, ehe si trovano circa alle spalle di Ravenna, considerata ,,umbră" ancora da Strabone. Gli Umbri tenevano parte delle Marche, dell’Umbria e della Romagna, porció i dat! fornitici dalla geografia storica non dis­­direbbero ad una probabile assegnazione delle (5) R. Scarani, Répertoria di Scavi e scoperte delV Emilia e Romagna II. Bologna, 1963, p. 585, 79. Fe 3. (6) C. Morigi Govi, Tombe protostoriche di Russi. ,,La Villa Romana”. Faenza, Í971, 103 sgg. (7) P. Monti —L. Bentini, Un abitato deli’ età del ferro nelV ex Piazza d’ Armi di Faenza. Studi Romagnoli, XXI, 1970, 315 sgg. (8) G. Radke, Umbri. RE, Suppl. IX, 1962 1745— 1827.

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