ARHIVSKI VJESNIK 2. (ZAGREB, 1959.)

Strana - 362

universale, al parlamento] di Vienna, 9 sono croati, 2 serbi e nessun' italiano. Questo sono i fatti in base dei quali si vede che la Dalmazia e una terra slava come nessun altra, come slava assolutamente croata con una piccola mino­ranza serba ed una minima traccia d'italiano che effetivamente sparisce. Dalmazia era la vera culla del Croatismo; la' (e non in Croazia) avevano le loro sedi tutti i nostri re croati: a Sebenico presso Spalato e Knin ve ne sono ancora le rovine dei loro palazzi. Nel medio evo la sfortuna e la confu­sione dei Turchi condannò tutta la Dalmazia (ad eccezione della piccola re­pubblica di Ragusa) al serviggio sotto i Veneti, ma il carattere slavo della Dalmazia si mantenne inalterato vincendo tutte le violenze e resistette, come vede, fino ad oggi. La Serbia, come Serbia, non ha diritti su questa terra dell' Adriatico che è di popolazione e sentimenti croata. Ma noi Croati abbiamo diritto di invocare in nome della giustizia di non essere sacrificati, strozzati e ripartiti. Noi abbiamo una vecchia, secolare coltura e una forte coscienza nazionale. E siccome noi formiamo coi Serbi una completa unità etnica e linguistica, così domandiamo di essere uniti alla Serbia. Gli è solamente a base di questa nostra volontà nazionale croata, fusa in idea di nazionale unità che la Serbia ha tutti i diritti morali, nazionali e politici sulla Dalmazia, mentre l'Italia non ne ha nessuno. La Serbia dunque non domanda delle concesioni sull'Adriatico, ma noi Slavi dell'Adriatico do­mandiamo nella Serbia la nostra libertà. Credo, Eccellenza, di avermi spiegato. E atroce ed è ingiusto di sgozzare i Croati e Sloveni, donarli ai nuovi e peggiori padroni, mentre non doman­dano che di unirsi coi fratelli Serbi e conservarsi nel mondo slavo. Ho fede, una grandissima fede, che ciò non succederà, non potrà succedere e che il governo ed il popolo russo non ci abbandonerà. Se la diversità della religione vi può essere di qualche ostacolo-ebbene: conosco la nostra intelettualità e posso affermare con sicurezza che anche questo ostacolo si potrebbe eliminare con splendidi successi, a patto della nostra libertà ed indipendenza nazionale. Perchè abbandonare così un forte popolo slavo, che non desidera altro se non di mettere le sue coste e le sue energie marittime al servizio della grande causa slava, condotta e diretta dalla Russia? Credo che tutto questo qui esposto merita un pò di considerazione sia dal punto di vista slavo, sia pure dal punto di vista morale ed etico, e la pre­go, come slavo, patriota e rappresentante di quel popolo, ardentemente La prego di fermarsi su questi problemi tanto semplici e tanto giusti e di scusare la mia dolorosa ma doverosa insistenza. 1) Sazonov se u svojoj izjavi zalagao za blok pravoslavnih država na Balkanu i za izlazak Srbije na Jadransko more. Šupilo je pisao 1. VI. 1915. Pašiću o svom pismu Sazonovu ovo: »Razmišljajući o ovim dispozicijama, koje su očite [misli, da Sazonov ne će »našega narodnoga ujedinjenja, nego najviše jedno ortodoksno osvajanje i dari­« vanje Srbiji onoliko, koliko se to dade probaviti, bez ikakve pogibelji, a ostalo neka ide Italiji«, kao što piše Pašiću u istom pismu, op. D. Š.], »povodom zadnjih Sazonovljevih izjava poslao sam mu jedno blago i smjerno napravljeno pismo, u kome sam mu ùz neke informacije o prilikama jadranskim, obzirom na njegovo stanovište podjele između Srbije i Italije, istaknuo i ovo vjersko pitanje. Istaknuo sam uvjerenje, da se i ono dade u našim mlađim generacijama povoljno riješiti, — uz uvjet našeg narodno-političkog oslobođenja i ujedinjenja. Usprkos svih principa slobodne misli, salus patriae suprema lex. A on može još i da se posveti, ako mu pođe za rukom, da uz uvjet narodnog oslobođenja odvede u pravoslavnu religiju našu omladinu sa onim što bi slijedilo.« — 362 —

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