Folia Theologica 8. (1997)

István Czakó: Abramo come paradigma del credente nel libro "Timore e tremore" di Soren Kierkegaard

224 I. CZAKÓ 3. Credere “in forza dell’assurdo” L’atto del credente, il movimento da lui compiuto è un salto qualitativo, comporta una rottura radicale, come abbiamo visto nel punto precedente. Il fatto che questo movimento si compie soltanto attraverso 1’assurdo, con 1’espressione propria deH’autore “in forza dell’assurdo” indica anche una rottura: la rottura coi pensiero. Abramo — parimenti al cavalière della rassegnazione — si rende conto delTimpossibile123, rinuncia al “figlio della promessa”, ma qui il suo atto diventa qualcosa di incomprensibile: “egii credette ehe Dio non esigeva da lui Isacco, anche se egli era disposto a sacrificarlo quando ciö fosse richiesto. Egli credeva in virtù dell’assurdo, perché qui non ci potrebbe esser questione di calcolo umano, e l’assurdo era che Dio, il quale esigeva questo da lui, un istante dopo, avrebbe revocato la sua richiesta”124. Non è un caso quindi che l’autore usi cosî spesso l’espressione “in forza dell’assurdo” accanto al “credere”, come se fosse un “complemento indiretto” continuo di esso. “Ma Abramo credette e non dubito, egli credette 1’assurdo”, egli “credette per questa vita”125 ripete Johannes de Silentio in modo tale ehe — a noi pare — quest’espressione del fatto da lui ammirato finisce coi dare un ritmo interno speciale alia parte intitolata “Panegirico di Abramo”. In fin dei conti, tutto il libro è fondamentalmente una descrizione dei movimento della fede, un’ammirazione dell’atto di Abramo; è appunto quest’assurdo che impedisce ogni concettualizzazione, ogni definizione di essa. II padre della fede puö perdere la propria ragione e di conseguenza Tintera sfera della finitezza, e nello stesso momento in forza dell’assurdo ottiene precisamente la medesima finitezza: ecco ehe il de Silentio ritiene ‘Tunico vero prodigio”126. Egli sottolinea ehe “la dialettica della fede è la più fine e straordinaria di tutti; essa ha una sublimità di cui posso appena farmi un’idea, ma niente di più”127. 123 “Di quest’impossibilità il cavalière della fede ha una coscienza altrettanto chiara; Tunica cosa ehe la puö salvare, è Tassurdo e questo che egli afférra con la fede. Egli conosce quindi Timpossibilità e nello stesso momento crede Tassurdo.” S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 70. 124 S. KIERKEGAARD. Timore e tremore, 57. 125 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 70. 126 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 58. 127 S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, 58.

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