Folia Theologica et Canonica 7. 29/21 (2018)

Sacra theologia

124 IZSÁK TÖRÖK meglio le emozioni durante il procedere della confessione? Quali sono le capa­­citä che il confessore deve acquisire e sviluppare per essere meglio di aiuto nel­­la confessione? E possibile evolversi, svilupparsi, fare passi avanti da confes­sori? Oppure si nasce ‘confessore’ e poi si improvvisa ogni volta nei momenti necessari, perché fa parte del ‘mestiere’? Nelle prossime righe cercherö di ris­­pondere a queste domande basandomi suile ricerche fatte suli’ empowerment (potenziamento) e sull'intelligenza emozionale e vorrei suggerire queste due capacitä come mezzi per poter migliorare i confessori e la confessione stessa. I. La capacitä dell’empowerment e la facilitazione NELL’ACCOGLIENZA DELLE EMOZIONI Prima di pariare se ammettere o menő il discorso suile emozioni nella confes­sione, dobbiamo chiarire ehe tipo di relazione possa crearsi tra il penitente ed il confessore, perché la modalitä della relazione farä capire in che modo possano essere accolte e gestite le emozioni. La relazione tra il penitente ed il confesso­re non é una relazione alia pari, ma é asimmetrica'. Il penitente ed il confessore si trovano su due piani diversi per il ruolo diverso svolto entro l’interazione sacramentale, perché il confessore rappresenta l’istanza dell’in sé di Dio, del 1'­­alteritä delle cose, dei valori, della Chiesa, indispensabili per crescere spiritual­mente2. Questa diversitä proveniente dal ruolo non potrebbe togliere nulla alia ricchezza della relazione, anzi l’autorita dei confessore é necessaria proprio per la crescitä spirituale del penitente3. Anche se la relazione nella confessione é asimmetrica, non significa che l’autoritä del sacerdote gli permette di sentirsi superiore al penitente, inducen­­dolo a cadere nella trappola tipica dei confessori, cioé quella della dominatione dell’altro4. Anzi, il confessore stesso viene aiutato in questa relazione asimmet­rica in tal modo che lui stesso é chiamato a chiarire nel suo ruolo da confessore il suo proprio rapporto con Dio! Deve poter rimanere anonimo e diventare con­­sapevole ehe lui é solo uno strumento, un mezzo di un Dio misericordioso: “La sua presenza é indispensabile, ma la sua personalitä, nel sacramento della peni­­tenza, non ha molta importanza”5. Seguendo la proposta di Sovernigo, ritengo dunque meglio distinguere la presenza dei confessore dalia sua personalitä, cosa ehe non é facile, anzi é un compito faticoso e da riprendere continuamente per 1 Cfr. Sovernigo, G., L’umano in confessione. La persona e 1’azione dei confessore e del peni­tente, Bologna 2003. 71. 2 Cfr. ibid., 11. 3 Cfr. ibid., 71. 4 Cfr. ibid., 80. 5 Ibid., 108.

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