Folia Theologica et Canonica 6. 28/20 (2017)

RECENSIONS

266 RECENSIONS (2015). D’Avenia scrive prima di tutto per gli adolescenti. In ogni suo libro tro­viamo un’analisi psicologico-spirituale esatta dello stato attuale degli adoles­centi e della società odierna, società supertecnologica che ostacola l’adolescen­te nella scoperta del senso della vita e dei valori autentici, ma genitori ed educatori autentici, credenti in Dio, riescono ad aiutarlo a crescere, a maturare. Ne L’arte di essere fragili l’autore segue tappa per tappa la vita del famoso poeta Giacomo Leopardi, in corrispondenza cronologica dei suoi scritti e delle sue poesie. In ogni tappa c’è un compito da fare, un’arte da imparare (14), come nella psicologia evolutiva di E.H.Erikson. Nell’adolescenza dobbiamo uscire da noi stessi (18), pur rimanendo in noi stessi, appropriandoci del nostro io autentico più in profondità, tradotto in psicologia dello sviluppo, dobbiamo tro­vare la nostra identità. È il compito della prima tappa, è l’arte dello sperare! Per poter uscire da noi stessi dobbiamo essere rapiti da qualcosa per cui valga la pe­na vivere (19). Solo uscendo da noi stessi troveremo la nostra chiamata: in caso contrario rimarremo imprigionati nella nostra infanzia (26). Agli adolescenti manca spesso il coraggio per poter uscire da se stessi e per cercare l’io auten­tico (28). Per cercare l’io autentico essi devono farsi delle domande, anzi, gli stessi adolescenti devono diventare domande! Sono fortunati quegli adolescen­ti che trovano durante la navigazione esistenziale degli adulti affidabili. Noi ge­nitori ed educatori per diventare accompagnatori in questa navigazione esisten­ziale, dobbiamo essere sicuri di noi stessi, fragilità e limiti compresi (34). Nella nostra epoca anche noi adulti sbagliamo nel rapportarci con i nostri adolescen­ti: abbiamo dato loro tutto per godere la vita, ma non abbiamo dato loro la ra­gione per viverla. Abbiamo scambiato la felicità con il benessere, i sogni con i consumi. Abbiamo seminato certezze e non dubbi (35). Sia a casa, sia nella scuola dovremmo seminare dubbi! Genitori ed educatori devono diventare nei confronti degli adolescenti testimoni, prima che maestri, così da poter insegna­re loro come trasformare le sfortune in trampolino di lancio, il dolore della vita in canto (39-41). Dunque, se l’adolescente si lascia rapire da qualcosa/qualcu- no/Qualcuno che è al fuori di lui, e quindi comincia a sperare, allora troverà questo qualcosa, questo qualcuno/Qualcuno anche dentro di sè, e potrà poi anche sperimentare l’infinito/l’Infinito: prima però deve uscire da se stesso! Gli adolescenti devono cercare e poi trovare: però in questa attività paziente sono spesso bloccati dalla bulimia d'informazione - che diminuisce la sapienza, la capacità di andare in profondità (62) - e dall'ipervisibilità di questo mondo che elimina la loro sensibilità nella percezione del confine/soglia, che non genera più desiderio, sogno, speranza e che porta soltanto noia. La nostra epoca dun­que blocca tutto ciò che sarebbe invece tipico dell'adolescente: l’andare oltre, il rischiare, il sottomettersi alle prove e il poter essere sospeso tra divino e umano, tra finito ed infinito. La nostra cultura odierna crea piuttosto il narcisismo che invita a chiudersi, ritirandosi e piegandosi su sè stessi (67). Contrariamente alla

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