Folia Theologica et Canonica, Supplementum (2016)

Péter Erdő, La questione della lingua dei fedeli nella costituzione 9 del Concilio Lateranense IV alla luce dei commenti dei canonisti

26 PÉTER ERDŐ Secondo Giovanni d’Andrea, la parola ritus si riferisce nel capitolo com­mentato ai sacramenti, la parola mores invece alle altre cose59. Dopo brevi rifer­imenti alla questione di chi sono idonei a questo ministero speciale e di quale insegnamento devono dare60, Giovanni d’Andrea fa cenno alla condizione spe­ciale di Venezia, osservando che la loro situazione non è contraria a questa norma, perché il patriarca ha il titolo di Grado (e non di Venezia)61. La parola praesul usata nella Costituzione Lateranense per indicare la persona che deve essere nominata a vicario per i gruppi speciali significa, secondo l’autore, qual­siasi prelato e non soltanto il vescovo. Ma l’Ostiense e altri intendono sotto prelato, in questo contesto, un presule consacrato vescovo. Se non fosse vesco­vo, non potrebbe conferire i sacri ordini. Ma questo vescovo non sarà vescovo diocesano di quel posto, bensì vicario del vescovo locale62. Giovanni d'Andrea dedica la dovuta attenzione anche all’aspetto pastorale. I fedeli di una certa lin­gua o di un rito speciale vengono chiamati da lui parochiani63. Tale terminolo­gia può ricordare al fatto che la questione della pastorale di questi gruppi sorge frequentemente a livello delle parrocchie, cosa che apparirà chiaramente nelle Regole della Cancelleria. Ad ogni caso, il nostro autore, con riferimento a Goffredo da Trani, riassume come principio giuridico-pastorale che i sacerdoti mandati ad una certa comunità devono adattarsi alle loro usanze (legittime), alle doti di quelli che devono essere insegnati e alla capacità di comprendere di quelli per i quali devono predicare64. Aggiunge anche l’osservazione prove­niente dall’esperienza della pubblica amministrazione dell’Impero Romano e ribadita dall’Ostiense, secondo la quale gli abitanti delle provincie apprezzano molto se vengono rispettate le loro usanze65. Questo principio, anche se Gio­59 Ibidem ad X 1.31.14 v. Ritus e v. Mores: ed. Venetiis 1612, fol. 255rb. “ Ibidem ad X 1.31.14 v. Idoneos: ed. Venetiis 1612, fol. 255rb (“de rescrip. cum adeo [X 1.3.17], de electio, causam fX 1.6.8]”) e v. Instruendo: ibidem (“ sic supra de electio, cum in cunctis [X 1.6.7], supra de statu monac. cum ad mona. [X 3.35.6] Hostien/sis/”). 61 Ibidem ad X 1.31.14 v. Pontifices: ed. Venetiis 1612, fol. 255rb (“80. distinctione, capitulo se­cundo [D. 80 c. 2], nec. ob. de Venetis: quia patriarcha Gradensis est, ut ibi no”.). 62 Ibiden ad X 1.31.14 v. Praesulem: ed. Venetiis 1612, fol. 255rb (“id est praelatum, sive rec­torem, non tamen episcopum. Est enim praesulis nomen generale, sicut et praesidis. ff. de offi­cio praesi. leg. 1 [Dig. 1.18.1 ], et praepositi, infra de verborum significatio, quamvis. [X 5.40.9] secundum Goffred/um/. Sed Hostiens/is/ et Abb/as/ intelligunt de praesule episcopo; alias non posset ordines celebrare; non tamen erit episcopus illius loci, sed episcopi vicarius: ut dicitur hic, si ergo sunt parochiani Graeci, habebit episcopus vicarios Graecos”). “ Ibidem. 44 Ibidem ad X 1.31.14 v. Conformem: ed. Venetiis 1612, fol. 255rb (“conformare se debet quis moribus ipsorum, cum quibus vivit. 41. distinctio, quisquis. [D.41 c. 1 ] et capacitati eorum quos decet, octava quaestione prima, oportet. [C.8 q.l c. 12] et intelligentiae eorum, quibus praedicat. 43. distinctione sit rector [D.43 c. 1 ], Goffred/us/ et provinciales sibi magnum reputant, si suae consuetudines commendentur, et serventur, ff. de officio procons. si in aliqua [Dig. 1.16.7], Hostiens/is/”). 65 Ibidem.

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