Folia Theologica et Canonica, Supplementum (2016)
Péter Erdő, La questione della lingua dei fedeli nella costituzione 9 del Concilio Lateranense IV alla luce dei commenti dei canonisti
24 PÉTER ERDŐ Innocenzo IV al rispettivo brano del Liber Extra risulta che l’autore ha tenuto presente un’immagine dei gruppi menzionati nel capitolo 9 del Concilio Lateranense IV, secondo il quale essi erano caratterizzati sia dalla loro lingua che dal loro rito, anzi avevano una propria lingua liturgica. Egli parla, infatti, dei popoli saraceni, latini e greci che “abitano tra di noi”50. Per quanto riguarda la condizione del vicario insignito di carattere episcopale che il vescovo diocesano può nominare per tali popoli, si precisa che egli può essere chiamato da un'altra diocesi, e in questo caso il motivo del suo dovere di obbedienza al vescovo diocesano locale è il fatto che da lui ha ricevuto questo incarico51. A proposito di questo capitolo, si cita per lunghi secoli l’osservazione dell’Ostiense che cerca di precisare l’ambito della giurisdizione di questi vicari speciali. Egli sottolinea infatti che un tale vicario ha giurisdizione “tra quelli che sono della sua lingua”52. Ecco il punto, dove appare comunque l’aspetto personale della giurisdizione! Non a livello di vescovi diocesani o diocesi personali, perché si considera necessario che vi sia un solo vescovo in una città (conservando un concetto territoriale di diocesi, cioè mettendo ancora più accento all’elemento territoriale che a quello personale), ma a livello dei diversi vicari generali dello stesso vescovo, la competenza dei quali viene determinata però in base all’elemento personale. Il criterio sufficiente sembra essere già la lingua. Tale criterio non viene ancora precisato fino a fondo. Ad ogni caso, nella Summa dell’Ostiense si parla anche della nazionalità (natio) dei fedeli come argomento che giustifica la nomina di un vicario53. Merita una menzione speciale anche il modo come l’autore identifica il vicario o il sacerdote appropriato per la cura pastorale di questi gruppi speciali. Non si accontenta della conoscenza della lingua, ma richiede l’appartenenza allo stesso gruppo, condizione comprensibile specialmente se si riferisce alle s" Sinibaldo dei Fieschi (Innocentius IV), Commentaria super libros quinque Decretalium ad X 1.31.14 V. Quoniam in plerisque, ed. Francofurti ad Moenum 1570, fol. 152vb (“Populi Sarraceni, Latini et Graeci, qui inter nos habitant”). 51 Ibidem ad X 1.31.14 v. Necessitas: ed. Francofurti ad Moenum 1570, fol. 152vb (“hic apparet hoc ipsum de dispositione esse. arg. 7. q. 1. non autem [C.7 q.l c. 12]. 1. q. 7. quod pro remedio [C.l q.7 c.7] ad idem, sup/ra/. de renun. ad sup. [X 1.9.9] et hoc ex verbo apparet, ibi cui concessimus. Et hoc intelligo, nisi primo episcopus in dioce/si/ alterius ad aliquod officium cui ratione illi debebant subesse, secus si alias vocaret ad supplendum defectum suum. 7. q. 1. pontifices [C.7 q.l C.4]”). 52 Enrico da Susa (Hostiensis), Commentaria in Decretales ad X 1.31.14 v. Vicarium: ed. Venetiis 1581 (repr. Torino 1965), I. fol. 165v, n. 5 (Qui etiam inter illos qui suae linguae sunt ordinariam iurisdictionem habebit, sicut dicitur de archidiácono et archipresbytero, qui vicarii episcopi sunt, et tamen ordinariam iurisdictionem dicuntur habere xxv. di. perlectis. [D. 25 c. 1 ] supra de of. archi, et de of. archipr. c. i. c. j. [X 1.23.1; X 1.24.1]”). 55 Enrico da Susa (Hostiensis), Summa, Lib. I, tit, de officio vicarii (31), nr. 5: ed. Lugduni 1537 (repr. Aalen 1962), fol 46rb (“In quibus casibus sit licitum per vicarium deservire [...] Sextus est ratione diverse nationis, infra, de offi. ordi. quoniam. [X 1.31.14] supra de tempo, ordi. quod translationem [X 1.11.11 ]”).