Folia Theologica et Canonica 5. 27/19 (2016)

SACRA THEOLOGIA - Péter Erdő, Come puó credere un intellettuale dei nostri giorni alla divinitá di Gesú Cristo?

COME PUÒ CREDERE UN INTELLETTUALE DEI NOSTRI GIORNI.1 1 soltanto per il peggio”'. Cioè tale visione filosofica non si occupa della nozione della materia e dello spirito, ma tiene presente altre categorie come la bontà e l'immutabilità. La perfezione e l’immutabilità certamente sono connesse fra di loro. È qui che si sente un tratto di trascendenza, perché l’immutabile e il perfetto può essere in qualche modo fondamento delle cose mutabili ed imper­fette. Indirettamente emerge quindi, anche la grande domanda sulle le basi dell’esistenza. La filosofia prima - o come diciamo oggi - la metafisica di Aris­totele si autodefinisce come “il sapere relativo all’origine e alla causa prima di ogni essente e il sapere relativo all’essere in quanto essere e ai suoi attributi più universali. Presa nella sua prima accezione, la filosofia prima è ’teologica’, in quanto si occupa del divino (Metaphysica, 1046a)”1 2 3. La trascendenza divina, la cercavano di esprimere molti filosofi, sin dall’an­tichità, come Plotino, Porfirio, Proclo, l’autore cristiano chiamato Dionigi l’Areopagita, ma sotto il suo influsso anche pensatori cristiani medievali e ri­nascimentali come Nicola Cusano, attraverso una teologia negativa di carattere mistico, consapevole della profonda differenza tra la completezza e fondamen­­talità dell’esistenza di Dio e il modo limitato dell’esistenza di tutti gli altri esse­ri. Nel senso mistico o spirituale tuttavia, bisognava e bisogna poter anche par­lare di Lui, pur nella consapevolezza che le nostre parole sono deboli e poco adeguate ad esprimere la pienezza e l’assolutezza della sua realtà. Noialtri, assieme alle nostre lingue e ai nostri concetti, apparteniamo a questo mondo. Anche se il mondo creato rispecchia la faccia del Creatore, anche se l’uomo è stato creato a immagine di Dio (Gen 1,27), la nostra fede non accetta la preesis­tenza, o persino la coeternità dell’anima umana con Dio. La nostra anima infat­ti, non è una emanazione della sostanza divina, non fa parte di Dio’, ma è stata creata da Lui. Incontriamo quindi, sempre di nuovo l’enorme difficoltà di come parlare sull’unico vero Dio. 4) Questa difficoltà però, si riferisce già al problema di esprimere la nostra es­perienza naturale, il nostro ragionamento in base al mondo creato, le nostre conclusioni riguardo al Creatore. Esiste però, anche un altro aspetto della stessa difficoltà: quello della comunicazione tra l’uomo e Dio. Già creando l’univer­so, Dio ha espresso qualcosa di sé, ha manifestato la sua volontà. Ma siamo convinti tutti noi che crediamo nella rivelazione divina, che il Dio personale, consapevole, libero nella sua volontà, ha cercato il contatto con noi, esseri uma­ni? È qui, che possono cominciare per i nostri contemporanei da una parte le difficoltà, dall’altra parte i tratti più affascinanti della nostra fede in Cristo. 1 MELCHIORRE, V., Dio, in Enciclopedia Filosòfica, Milano 2006. III. 2883. 2 Ibid. 3 Denzinger, H. - Hünermann, P., Enchiridion symbolorum definitionum et declarationum de rebus fìdei et morum. Edizione bilingue, Bologna 1996, nr. 201 ; 285; 455; 685.

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