Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

IUS CANONICUM - Bruno Esposito, O.P., La fede come requisito per la validitá del matrimonio sacramentale?

188 BRUNO ESPOSITO, O.P. cire ad annunciare ed a testimoniare nel quotidiano questa verità liberante e costruttiva circa il matrimonio e la famiglia. Infine, riprendendo il nostro tema dopo le precedenti ma per noi importanti puntualizzazioni, non è fuori luogo notare che di difficile giustificazione e spie­gazione sarebbe l'introduzione del requisito della fede per potersi sposare (in quanto non quantificabile e non essenziale con certezza per la validità od il suo accertamento), data la recente decisione del Legislatore di derogare ai cann. 1117; 1086; 1124, vista proprio la difficoltà di determinare e configurare teolo­gicamente e praticamente l'atto formale di separazione dalla Chiesa. Di fatto, inoltre, l’introduzione di un altro requisito legale non farebbe altro che confer­mare l’opinione della così detta giuridizzazione dell’istituto del matrimonio da parte della Chiesa. In ogni caso, tenendo presenti tutte le difficoltà derivanti da un’eventuale introduzione di un ulteriore requisito e non essendo affatto chiara l’utilità ed i vantaggi di una simile introduzione, non si danno le condizioni mi­nime prudenziali, ricordate da san Tommaso, per un cambiamento della nonna­tiva vigente in materia62. Quindi, alla luce degli aspetti previamente ricordati e delle ragioni sopra es­poste, sosteniamo la sostanziale validità dell’attuale normativa canonica, senza che alcun ulteriore requisito debba essere introdotto per la verità del consenso matrimoniale tra due battezzati. In ogni caso il nostro auspicio è che nella solu­zione di questa scottante questione, ma soprattutto in tutto quanto tocca il mat­rimonio e la famiglia, si realizzi sempre e comunque quanto sintetizzato sa­pientemente dal seguente adagio latino: in necessarìis imitas, in dubiis [veri ed oggettivi] libertás, in omnibus charitas! * lo il [Cristo sai che non si può mutilare il messaggio per farlo più facilmente accogliere, e propone subito il disegno divino nella sua totalità. Questo è lo stile di Cristo. Contrariamente a quello che talvolta noi possiamo immaginare, Gesù non è affatto una persona accondiscendente e incline al compromesso, quando si tratta del­la verità. Se si imbatte in uomini che sembrano disinteressarsi all'annuncio (che è l’unica strada di salvezza), non per questo cambia l’annuncio o lo riduce. Non si affanna ad inseguire le ottu­sità e le svogliatezze del mondo o a rincorrere i capricci dei suoi contemporanei. Egli è il porta­tore del dono del Padre e la sua preoccupazione è quella di offrirlo integralmente, non di impor­lo a ogni costo alla cattiva volontà di chi lo rifiuta. Egli sa già in partenza che molti rifiuteranno il dono; questo lo fa soffrire, ma non lo induce a formulare una proposta meno impegnativa e più conforme alle attese degli uomini. Solo dalle attese di Dio egli fa che la sua vita e la sua missio­ne siano guidate. Volete andarvene anche voi? E nessuno pensi che tutto questo sia mancanza di amore. Al contrario, è proprio l’amore che spinge Gesù a non cedere di fronte alle nostre esigen­ze, alle nostre proposte di adattare la verità di Dio ai gusti umani, ai nostri tentativi di immiserire la grandezza e la bellezza del disegno del Padre” (Biffi, G„ Stilli come rugiada il mio dire. Omelie perle Domeniche del Tempo Ordinario Anno B, Bologna 2015. 126-128). 62 Si corre il rischio che con l’intenzione di fare il bene del popolo di Dio e di risolvere dei proble­mi, alla fine non si realizza il vero bene delle persone e si moltiplicano all’infinito i problemi che si volevano risolvere ovvero se ne creano addirittura ulteriori.

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