Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
IUS CANONICUM - Bruno Esposito, O.P., La fede come requisito per la validitá del matrimonio sacramentale?
176 BRUNO ESPOSITO, O.P. nonché fu riaffermato il principio di identità contratto-sacramento41. Le proposizioni della Commissione, dunque, furono lette e sono tutt’oggi lette difformemente, a dimostrazione del fatto ch’esse non riuscirono a sciogliere il nodo dottrinale riguardante l’oggetto dell'intenzione del ministro e suscipiente del matrimonio. Altrettanto è accaduto per l’Esortazione apostolica post sinodale Familiáris consortio. Il documento ha ribadito il ruolo rivestito dal consenso manifestato dagli sposi cristiani, di strumento attraverso cui emerge, in forza dell’assenso al progetto già presente sin dal principio, il sì pronunciato nella Chiesa da Cristo. Ogni requisito ulteriore di ammissione, compresa la fede, fu rigettato42, a meno che risulti carente una retta intenzione matrimoniale naturale, di per sé costituente almeno implicita volizione di ciò che la Chiesa fa43. Rimaneva non ben delineato il concetto di retta intenzione, per taluni direttamente in contrasto con l’assenza di specifica intenzione sacramentale, e per altri invece non necessariamente con essa incompatibile, attesa la distinzione tra carenza di fede ed intenzione coniugale naturale44. III. La giurisprudenza Gli spunti giurisprudenziali, a Rota restituta, non paiono risolvere alla radice il problema odierno. Essi, difatti, come è proprio della funzione giurisprudenziale, hanno ricercato soluzioni pratiche a casi pratici. Posto dunque il valore necessariamente sacramentale del matrimonio tra battezzati ricavabile dal principio di inseparabilità contratto-sacramento, e posta la sufficienza della mera 41 Cf ibid., n. 3. 2, p. 384; n. 3. 3, p. 386. 42 “Praeterea, si aliae rationes circa admissionem ad celebrationem ecclesialem ad matrimonium statuantur, quae gradus nuptias facéré volentium respiciant, gravia pericula possunt afferri: in- primis faciendi iudicia fundamento carentia et discriminantia; deinde periculum ingerendi dubia de validitate matrimoniorum iam celebratorum, magno cum detrimento christianorum commu- nitatum cumque novis, non probandis angoribus conscientiae coniugum; periculum impugnandi vel in dubium vocandi indolem sacramentalem multorum matrimoniorum fratrum a plena com- munione cum ecclesia catholica seiunctorum, quod ab ecclesiali discrepat traditione” ( FC n. 68). 43 “(•••) ob rectam suam intentionem Dei consilium de matrimonio se accepisse ideoque, saltern implicite, ei assentiri, quod Ecclesia tacere intendat, cum matrimonium celebret” (/. cit.). 44 Cf Bersini, F., Il matrimonio dei cattolici non credenti nella Familiáris consortium, in Rivista del Clero Italiano 63 (1982) 356. Faltin, D., L’esclusione della sacramentalità del matrimonio, con particolare riferimento al matrimonio dei battezzati non credenti, in La simulazione del consenso matrimoniale canonico. Città del Vaticano 1990. 65. L’Allocuzione del Pontefice alla Rota Romana del 2003 ha fornito quasi un’interpretazione autentica del significato dell’espressione recta intentiti: “La Chiesa non rifiuta la celebrazione delle nozze a chi è bene dispositus, anche se imperfettamente preparato dal punto di vista soprannaturale, purché abbia la retta intenzione di sposarsi, secondo la realtà naturale della coniugalità” (Ioannes Paulus II, Allocutio ad R. Rotae Praelatos Auditores, [30 ian. 20031: AAS 95 [20031 397, n. 7).