Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

IUS CANONICUM - Bruno Esposito, O.P., La fede come requisito per la validitá del matrimonio sacramentale?

LA FEDE COME REQUISITO... 165 sieme fino a quando “dura l’amore”, o addirittura che sia “matrimonio” anche l’unione tra persone dello stesso sesso. Frequentano i corsi prematrimoniali, rispondono alle domande loro poste dal parroco prima della celebrazione (co­siddetto processicolo), nella convinzione, molte volte, di dover espletare delle vuote incombenze burocratiche, non essendo assolutamente onesti, autocon- vincendosi che il tutto riguarda solo la propria coscienza, la sfera della loro vita privata. In altre parole, occorre mostrare che alla fine non è “in crisi il matrimo­nio”, ma che “ci sono molti matrimoni in crisi” in quanto detto istituto naturale, elevato da Cristo a sacramento, non è correttamente compreso e vissuto così come pensato nel piano creatore e redentore di Dio6. 3. San Tommaso ricorda che: “(...) non si deve mai mutare la legge umana, se non ne derivi da qualche parte un compenso per il bene comune, proporzio­nale al fatto che da questa parte viene menomato. E questo accade o per il fatto che dal nuovo statuto deriva una somma ed evidentissima utilità; o per il fatto che la legge consueta contiene una manifesta iniquità, o perché la sua osservan­za è dannosa ai più. Di conseguenza l’esperto di diritto dice che ‘nell’istituzio­ne di nuovi statuti, vi deve esser un’evidente utilità, per allontanarsi dal diritto che a lungo è stato considerato giusto” (S. Th., I—II, 97, 2 c.). 4. La legge umana deve comandare ciò che è giusto, retto e possibile far compiere ed osservare da parte della comunità, non solo fisicamente, ma anche moralmente. In linea di massima, le leggi che richiedono comportamenti “esi­genti” si giustificano solo in nome del bene comune o nel caso si tratti di norme riguardanti un determinato stato di vita. Non bisogna mai dimenticare che la legge deve essere necessaria, o almeno utile, affinché la comunità possa rag­giungere il suo fine (=bene comune attraverso la realizzazione di ciò che è gius­to a tutti i livelli: naturale e soprannaturale), altrimenti non sarebbe né giusta, né razionale ed i soggetti non sarebbero di per sé obbligati ad osservarla. Ora ciò che è inutile di per sé non conduce al fine7. 5. Una regola fondamentale che deve essere seguita da coloro che hanno l’autorità di promulgare le leggi, in ordine al buon governo, è quella di dare poche leggi (necessarie, utili, certe, ecc.), altrimenti si corre il rischio di verifi­care quante siano vere le parole di Publio Cornelio Tacito: “Corruptissima re publica plurimae leges” (Annales, Libro III, 27). 6. Nella Lettera Ap., M.P., Omnium in mentem, del 26-X-2009, leggiamo: “Il Codice di Diritto Canonico stabilisce tuttavia che i fedeli, i quali si sono se­parati dalla Chiesa con “atto formale”, non sono tenuti alle leggi ecclesiastiche relative alla forma canonica del matrimonio (cfr. can. 1117), alla dispensa 6 Cf Antonelli, E., Crisi del Matrimonio & Eucarestia, Milano 2015. 7 Cf Chiappetta, L., Il Codice di Diritto canonico. Commento giuridico-pastorale, I. Libri I—Il (a cura di Catozzella, F. - Catta, A. -Izzi, C. - Sabbarese, L.), Bologna 201 !. 15-16.

Next

/
Thumbnails
Contents