Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)

IUS CANONICUM - Péter Erdő, Il parroco deve conoscere la lingua Dei fedeli - Osservazioni giuridico-canoniche a propositio delle Regole della Cancelleria (ss. XIV-XVI)

IL PAROCCO DEVE CONOSCERE LA LINGUA DEI FEDELI 145 Oltre la necessità per la comprensione, l’uso della lingua materna dei desti­natari della legge aiuta nell’accettazione emozionale del suo contenuto. Così la legge piace di più e viene maggiormente osservata. A tale conclusione arriva il nostro autore in base a diversi brani del diritto romano48. La necessità della conoscenza della lingua dei fedeli per il candidato alla par­rocchia si riferisce non solo alla provvista e al mandato di provvista che sono menzionati nella regola della Cancelleria, ma si evince che la mancanza di tale criterio rende nulla anche l’elezione e la presentazione. Poiché la norma appar­tiene organicamente al diritto comune e si basa alla necessità della salvezza delle anime, essa deve esser interpretata come favorevole, cioè in modo largo49. Anzi, essa va applicata anche a quelli che ricevono una parrocchia in commen­da, sia perché la giurisprudenza rotale dell’epoca era in maggioranza di questo parere, sia perché - e questo sembra un argomento più essenziale - la salvezza delle anime richiede che il pastore veda “(...) il volto delle sue pecore, visiti le chiese, ascolti le confessioni, predichi al popolo e faccia tutte le altre cose che appartengono alla cura delle anime”. Tali compiti però spettavano anche ai commendatari5". L’autore fa cenno anche ad alcune cause trattate dalla Rota Romana circa la validità di diritti attesi concessi a persone che conoscevano la lingua del rispet­tivo paese, ma non quella della regione concreta, dove si trovava la parrocchia. Si trattava di un francese della Bretagna (Brito Gallus) e di un altro pretendente che parlava anche la lingua bretone (Brito de Britonizantibus), in un’altra causa invece una parte era spagnola (Castellanus), l’altra invece di Valencia che par­lava la lingua locale. Dalle decisioni prese nelle due cause si vede che, qualora altre circostanze non giustificavano una posizione diversa, si dava preferenza a quello che parlava la lingua locale51. 48 Gómez, L., Commentarla in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 1 n. 19: fol. 59v-60r (“Et ob earn causam veteres voluerunt, leges, quae dabantur populis, sub ilio eiusdem poluli idiomate publicare, ut magis placèrent omnibus et observarentur ut est text/us/ in § alienationis. in authen. de non alien. [N. 7.1. in c.] Quem ad hoc Roma, pondérât in 1. i. § fi. col. iii. ff. de verbo, obliga. [Dig. 45.1.1.6] cum pluribus aliis [...] § illud quoque, in authen. ut praepo. no. impe. [N. 47.2] [...] Propterea dicit glo/ssa/ in I. decreta, ff. de re iud. [Dig. 42.1.48] quod decreta inter Latinos debebant Latine proferri et inter Graecos Graece”). Cf. Accursius, Glossa ordinaria, ad Dig. 42.1.48 V. Latine: ed. Digestum novum. Pandectarum Iuris Civilis tomus tertius, Apud Hu- gonem a Porta, Lugduni 1556. 250a (“Latine [...] scilicet inter Latinos, sed inter alios eorum lingua, nisi unus intelliget linguam alterius, ut supra de instito. 1. sed si pupillus. § de quo. ver. proscribere. [Dig. 14.3.11.3] et C. de senten. 1. iudices. [Cod. 7.45.12] et infra de verb. ob. I. j. § fi. [Dig. 45.1.1.6] Accur.”). 49 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 4 nn. 1-2: fol. 62r. 50 Gómez, L., Commentario in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 5 nn. 3-4: fol. 62v. 51 Gómez, L., Commentarla in Regulas Cancellariae ludiciales, q. 7: fol. 63r-v.

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