Folia Theologica et Canonica 4. 26/18 (2015)
SACRA THEOLOGIA - Izsák Török, Come poter aiutare meglio i nostri pazienti credenti. Illustrazione tramite due casi
COME POTER AIUTARE MEGLIO I NOSTRI PAZIENTI CREDENTI. 99 suo stile di preghiera si è cambiato, perché “se Dio non mi risponde, non significa che non sia presente” (nella sua iniziale immagine di Dio si era trasferita l’esperienza con la madre che spesso la abbandonava lasciandola sola). V. Chi RIESCE AD aiutare meglio, lo psicologo o IL SACERDOTE? Penso che i due casi sopra esposti siano la prova del fatto che lo psicologo ed il rappresentante della religione, sacerdote cattolico possono collaborare insieme per aiutare persone credenti o pazienti che cercano Dio. Se lo psicologo non conosce bene la teologia e gli capita un paziente credente, dovrebbe informarsi bene personalmente o tramite esperti teologi sul simbolismo del credere del suo cliente e sulla sua concezione del mondo, alfine di poterlo così aiutare più efficacemente. Va benissimo, se lo psicologo si rivolge al paziente con rispetto, senza pregiudizi, ma sappia che la ’neutralità’ è molto rara’, anzi, se la presume, secondo Lovinger, farà peggio di quanto potrebbe fare se influenzasse il cliente in modo diretto. Invece di cercare una neutralità, lo psicologo avere personalmente chiari i valori in cui lui stesso crede e che professa, e controllare bene sue controtrasferenze. Lo stesso vale per il sacerdote quando gli viene chiesto aiuto per qualche difficoltà a livello psichico o si accorge in qualche credente di ’qualcosa che non va bene’: dovrebbe saper distinguere se la difficoltà è di origine ’religiosa’, oppure se è di origine psichica. Le due realtà - la psichica e la religiosa - vanno ben distinte, ma si dovrà guardare anche la co-influenza! Questa co-influenza, secondo gli esperti, è sempre più evidente nei casi delle patologie più gravi, dove sarà anche probabile riscontrare che la religiosità è molto meno matura ed autentica9 10. Il rappresentante della religione deve conoscere bene quale sia una vera religiosità matura, ma anche come poter guidare attraverso spiegazioni teologiche il paziente credente verso essa. Nel caso non fosse in grado di poter trattare il credente a livello psichico, almeno potrebbe coinvolgere qualche esperto in materia e collaborare con lui alfine di portare la persona in difficoltà verso una maturità maggiore. Sono convinto che un’aiuto più efficace potrebbe derivare dalla collaborazione tra lo psicologo ed il rappresentante della religione: il loro campo è ben diverso, però trattano sempre la stessa persona nella sua unità ed integrità. I due casi esposti mostrano che se vi è qualche miglioramento nella sfera psichica è molto probabile che vi sia un cambiamento anche nella sfera religiosa e viceversa. Questo vale ancora di più nel trattamento delle patologie più gravi e se 9 Cfr. Lovinger, R. J., Working with Religious Issues in Therapy, London 1984. 3. 10 Cfr. Spero, M.H., Selected Metaclinical Problems in the Psychotherapeutic Teatment of the Disordered Religious Personality, in Spero, M. H. (ed.). Psychotherapy of the Religious Patient, 7.